Doveva essere l’ultima possibilità per mettersi a posto col fisco prima che, per chi non si fosse messo in regola, scattasse il penale, accompagnato da sanzioni pesantissime. Invece, chi non ha ancora deciso di denunciare i propri patrimoni all’estero, potrebbe avere un’altra possibilità. Una “Voluntary disclosure bis”, per dare una ultima chance a chi non ha approfittato della finestra per il rientro dei capitali chiusa a fine 2015. L’argomento è tornato alla ribalta anche alla luce dello scandalo dei Panama Papers, tanto che l’opzione di una replica dell’autodenuncia volontaria è «sul tappeto», come ha dichiarato nei giorni scorsi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, dopo che lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, seppur con prudenza, aveva parlato di «tagliando» in corso alla procedura appena conclusa anche per valutare «se esistono ancora margini di utilizzo». Già perché la procedura chiusa quattro mesi fa, sta entrando nel vivo ora, coi cittadini che vi hanno aderito, che stanno ricevendo via raccomandata le buste verdi per mettersi a posto con l’Agenzia delle Entrate.
D’altronde che qualcosa bollisse in pentola si era già capito da una dichiarazione del presidente del Consiglio Matteo Renzi il quale, durante l’ultima apparizione alla trasmissione televisiva Porta a Porta, dichiarò: «Per cancellare l’Imu, si utilizzeranno i soldi recuperati con la Voluntary disclosure». Al che gli addetti ai lavori sobbalzarono sulla sedia perché mentre la Voluntary è un’entrata una tantum, i fondi per coprire il taglio dell’Imu dovranno essere trovati ogni anno. Renzi disse un’inesattezza oppure sapeva già di un’operazione bis? Chissà. L’altro problema è che dopo i 3,8 miliardi raccolti con la procedura 2015, stavolta si conta di portare a casa un altro gruzzolo, pari però a una cifra inferiore, che oscilla fra 1 e 2 miliardi. I tempi stringono perché bisogna agire prima che scatti in modo generalizzato lo scambio automatico di informazioni tra le amministrazioni fiscali di mezzo mondo, che dovrebbe rendere difficile, se non impossibile, nascondere capitali nei paradisi fiscali.
Quanti lombardi e varesini hanno ancora un conto e denaro sonante in giro per il mondo occultato al fisco? Impossibile dirlo. Di certo nella fase 2015, dalla Lombardia sono state presentate ben 63.580 istanze, vale a dire la metà del totale e da qui, verosimilmente soprattutto lungo la fascia di confine e dal Milanese, le casse statali riceveranno un gettito di 1,8 miliardi. Sui 59,5 miliardi di euro emersi, ben 27 infatti arrivano dalla nostra regione. E il 70% del malloppo era segretamente detenuto nei caveau di Lugano, Berna e dintorni.
Certo, nel pastone della Voluntary disclosure, oltre agli evasori, sono finiti pure capitali “onesti” ma che non erano a posto col fisco: i risparmi da lavoro frontaliero, il secondo pilastro (Tfr) di un genitore defunto, eccetera. Soldi che sono stati lasciati in Svizzera, evitando di finire nelle mani delle banche italiane dove, ogni anno, migliaia di risparmiatori vengono lasciati sul lastrico. Tant’è vero che se da un lato vi è stata una buona adesione all’autodenuncia, soltanto il 26% dei dichiaranti ha deciso di riportare i capitali denunciati in Italia. D’altronde la Voluntary dà questa opportunità: dopo essersi regolarizzati pagando imposte e sanzioni, il correntista può tenere tutto nella sicura (finora) Svizzera. Succederà anche nell’eventuale bis?