Quando appare davanti, provenendo dal bosco, è come trovarsi al cospetto di una cattedrale. Sembra un tempio, con i suoi pilastri, le “navate”, le decorazioni. Una prodezza della natura, ma anche dell’uomo che, col lavoro, la fatica e la maestria, l’ha scavata nel corso degli anni.
Si tratta della cava ex Cooperativa Marmisti (o Giudici) di Viggiù, uno dei luoghi più affascinanti e, allo stesso tempo, meno conosciuti dell’alto Varesotto. Una bellezza che, però, resterà nascosta ancora per poco tempo. Qui, infatti, sono in corso dei lavori di recupero e valorizzazione dell’area, che sono quasi conclusi. E La Prealpina è il primo media a entrare per dare un’occhiata. E che occhiata. L’impatto è decisamente forte: sbucando l’angolo, da via Carrà, si resta di stucco. Sostanzialmente ci si trova davanti a una collinetta da cui è stata tolta la vegetazione, per poter far risaltare quella che, una volta, era una cava dove si estraeva la pietra che ha reso la Valceresio celebre in tutto il mondo. Dall’ingresso si possono scorgere le viscere della terra, dove l’uomo andava a scavare, conquistando centimetro per centimetro quel materiale tanto prezioso. Erano i tempi dei cavatori e dei picasass, mentre d’ora in poi per il sito è prevista una fruizione turistica. Il percorso che si sta creando, infatti, sale “slalomeggiando” sul lato destro della cava, ricavando più punti di osservazione e di scoperta del tempo che fu. Un tempo in cui, a Viggiù, la colonna sonora era scandita tutto il giorno dal tic tic tic dello scalpello dei lavoratori della pietra. Oggi, invece, a rimanere di sasso è il visitatore. Il posto più iconico della cCava Marmisti promette di essere una balconata realizzata praticamente a picco sull’antro della cava, dove si può accarezzare anche la roccia tendente al grigio chiaro, entrando quasi in simbiosi con questo luogo. Ma da qui, con le rocce protette dalle reti paramassi, si potrà ammirare anche un panorama inedito su una Viggiù abbarbicata in cima alla valle. A rendere il tutto ancor più spettacolare, è stato pensato un sistema di illuminazione a tempo, alimentato col fotovoltaico, che regalerà anche emozioni notturne. Infine, ci sarà un collegamento con i sentieri che portano al Colle del Sant’Elia, così che la cava Giudici possa essere ancor più fruibile.
Tecnicamente, i lavori in corso porteranno alla realizzazione di una parte del Museo diffuso della pietra, all’interno del programma Interreg Italia-Svizzera, con il sito viggiutese, di proprietà privata, che è stato dato in comodato d’uso al Comune per cent’anni. «L’inaugurazione – commenta il sindaco Emanuela Quintiglio – è prevista per la primavera, quando si riaprirà questo luogo che rischiava di essere abbandonato. Il risultato? Bellissimo». Un giudizio a cui si associa pure il presidente della Comunità montana del Piambello: «Il progetto – racconta Paolo Sartorio – rientra nell’ambito della valorizzazione dell’offerta turistica, culturale e storica legata al patrimonio Unesco dei fossili del Monte San Giorgio. Insomma, ancora una volta, scavare nel passato permette di trovare qualcosa di interessante per sviluppare il futuro del territorio».