Tutt’altro che “vuoti a rendere”, gli edifici dismessi possono essere trasformati in risorsa. La dimostrazione è tutta nei locali di via Robbioni 5, che ieri si sono ufficialmente presentati al pubblico come “Sub-Strato”, il nuovo “temporary space” realizzato per diventare simbolo della possibilità di un incontro tra vecchio e nuovo. Un esperimento che si deve all’associazione culturale “Wg_Art” che, spiega il presidente Ileana Moretti, «in sole tre settimane ha rigenerato questo spazio, che per ora è solo un contenitore senza una programmazione specifica, ma vuole essere un luogo dove formare e informare su linguaggi contemporanei, nuove metodologie di informazione, arte, cultura e soprattutto dare modo ai giovani di esprimersi».
Così ieri la strada si è trasformata in un laboratorio d’arte a cielo aperto, e ha fatto della Festa di primavera l’occasione per restituire alla Città Giardino un immobile, prima “vandalizzato”, ora completamente riqualificato, con materiali poveri e naturali, e installazioni artistiche particolari, che vanno dall’«autobiografia di un albero» all’«angolo dedicato all’autostima». Un progetto talmente bello e nuovo da aver ricevuto il plauso dell’architetto Marcello Morandini che, ieri, non ha voluto mancare alla tavola rotonda qui promossa per parlare della “Sfida di Sub-Strato, lo spazio della partecipazione”. È stato proprio lui a promettere che «questo spazio non dovrà essere restituito, per quello che potrò vi aiuterò, perché il coraggio che è stato usato per portare avanti questo progetto non può essere sprecato». Il proprietario dell’immobile oggetto del riuso è il commercialista Enrico Ambrogio Rossi, che lo ha concesso per circa sei mesi, ma l’auspicio ora è che, data la presenza alla tavola rotonda dell’assessore all’Urbanistica, Andrea Civati, e alle Attività produttive, Ivana Perusin, anche attraverso la loro collaborazione si possa trovare una forma di intesa. Perché il futuro è qui. Come spiega l’architetto Massimo Giuliani, esperto di riqualificazione urbana: «Ogni pezzo di città vuoto deprime le attività che gli stanno intorno, quindi la valorizzazione deve essere perseguita anche per la sua valenza economica». Una sfida importante, che sta a metà tra innovazione sociale, progetto culturale e futuro che recupera il passato «come le ceneri della Fenice».
Ne sono convinti Stefano Crespi, giovane ideatore del progetto, Maurizio Ampollini, direttore Cesvov che ha parlato di volontariato come «espressione di cittadinanza attiva ed energia rinnovatrice», l’architetto Elena Brusa Pasquè e il designer Andrea Ciotti. Che sogna per Varese un «brand capace di rendere la città attrattiva, perché c’è una grande assenza della conoscenza del nostro territorio, e manca una struttura capace di raccontarne l’esclusività».