Se guardiamo alla provincia di varese e la confrontiamo con le altre province lombarde, numeri alla mano, non possiamo far altro che constatare che si è seduta. Non ha ancora ripreso veramente a correre come altre zone della Lombardia e non ha ancora recuperato completamente il gap causato dalla crisi. Dobbiamo darci da fare, noi imprenditori e le istituzioni, per rimetterla in moto».
Davide Galli, presidente di Confartigianato Varese, fa il punto sulle sfide che attendono gli imprenditori per il nuovo anno e porta in provincia il metodo che è stato esplicato a Milano la scorsa settimana con la manifestazione “Quelli del sì”, vale a dire quelli che vogliono lavorare.
«A noi non interessano interventi a pioggia da parte del governo- spiega – piuttosto che chi sta a Roma crei le condizioni favorevoli allo sviluppo, così che gli imprenditori possano svolgere la loro attività. Un esempio? Sicuramente le infrastrutture. Una cosa è certa: le opere incompiute sono la testimonianza per eccellenza dello spreco. Non è questa la direzione giusta».
La strada da intraprendere, invece, è un’altra. Galli ce l’ha ben chiara e vuole portarla avanti con i suoi imprenditori.
«Noi vogliamo puntare sulla persona e sul saper fare – dice – Le condizioni per poterlo fare non sono poi così complicate. Innanzi tutto ci vogliono regole chiare e certe, se sono troppe e complicate non fanno altro che creare difficoltà alle imprese». Poi ci vogliono tasse giuste.
«Non siamo qui a chiedere meno tasse – spiega Galli – ma imposte giuste. Ad esempio, l’Imu sui capannoni è vista dagli artigiani come una totale ingiustizia. Le tasse vanno messe seguendo una certa logica e non devono apparire come una punizione per le imprese».
Non basta. Poi c’è la vita quotidiana in fabbrica, dove la formazione deve avere un ruolo di primo piano e dove «Dobbiamo recuperare il valore e l’importanza delle competenze – dice Galli – in una chiave di filiera. Le piccole e medie imprese del nostro territorio hanno assunto una dimensione di cluster, assecondando la distribuzione delle grandi industrie o disegnando comparti specifici, spinte dalla peculiarità di ogni singola zona della provincia».
«Bisogna tornare a investire su queste identità di territorio – continua – valorizzando le peculiarità e i naturali legami tra imprese, considerando nello stesso tempo le opportunità che il mercato globale riserva».