Varese salvi la Camera di commercio

La Prealpina - 10/08/2016

ANTONIO CHIERICHETTI

Esattamente un anno fa il parlamento, mediante la riforma Madia, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ha affidato al governo anche la delega di approvare, entro la fine agosto, il decreto attuativo del riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio. La loro funzione essenziale all’interno del sistema economico di un territorio è indubbia ma non esclude, anzi sollecita, la necessità di alcuni aggiustamenti organizzativi, resi per altro impellenti dall’attuale crisi finanziaria. A fronte dei rivoluzionari che da un lato infondatamente sostengono come le camere di commercio avrebbero ormai esaurito il loro ruolo e dei conservatori che, dall’altro lato, puntano invece a mantenere fermo lo status quo nel presupposto, altrettanto errato, che gli enti camerali vadano già bene così come sono ora, il parlamento ed il governo hanno invece impostato una profonda e contrastata riforma che sembrerebbe stia per giungere a compimento. Infatti, dopo essere stato congelato per sette mesi, nel prossimo consiglio dei ministri prima di ferragosto probabilmente sarà esaminato in via preliminare la bozza di decreto legislativo delegato che appunto è destinato a riformare radicalmente tutti gli enti camerali.

Tale decreto governativo è chiamato dalla legge delega ad affrontare, oltre ad uno snellimento delle funzioni delle camere di commercio, una razionalizzazione delle sedi ed una riduzione delle loro aziende speciali, anche la problematica questione della ridefinizione delle loro circoscrizioni territoriali, riducendone il numero dalle attuali centocinque a non più di sessanta, mediante accorpamenti. Un rebus però non risolvibile se non si tiene conto della fine che faranno le province e delle aree vaste che, secondo la legge Delrio, ne prenderanno il posto: un processo di ristrutturazione degli enti locali intermedi che è attualmente in corso è dovrà comunque essere concluso a prescindere dall’esito del prossimo referendum costituzionale.

Regione Lombardia aveva programmato di portare entro fine luglio in consiglio regionale la bozza finale di un documento che individuava le aree vaste lombarde, destinate a superare gli attuali assetti territoriali delle province. Così però non è avvenuto. Tra le diverse opzioni era stata proposta, con scarso successo, anche quella di istituire una nuova area vasta – denominata Cantone Insubria – che unisse le odierne province di Varese e Como, sedi di due diverse camere di commercio. Ora al di là del fatto che la proposta di tale inedita aggregazione insubrica non ha avuto seguito, poichè respinta dai territori interessati, resta comunque auspicabile che il riordino del sistema camerale, affidato al governo, sia coordinato con quello delle aree vaste. In altri termini dovrebbe esserci una totale coincidenza tra i confini delle camere di commercio e quelli delle nuove aree vaste. Così come già oggi avviene tra le attuali province e gli enti camerali.

Per questa ragione la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle nuove camere di commercio, accorpate o meno che siano, dovrebbe non certo precedere ma essere semmai conseguente alla preventiva individuazione delle nuove aree vaste che però non risulta essere ancora stata determinata. Sugli accorpamenti delle camere di commercio il governo dovrebbe quanto meno frenare e attendere che sia prima stabilita la mappa delle future aree vaste, le quali al momento nemmeno si sa quante saranno, mentre già si intende portare a sessanta il numero totale delle camere di commercio. Certo, sin da ora però, chi di dovere potrebbe agire nelle competenti sedi a Roma e a Milano per evidenziare che il territorio coincidente con l’attuale provincia di Varese, abbia tutte le specificità geo-economiche per configurare sia una propria autonoma area vasta e quindi mantenere una correlata camera di commercio varesina.