Varese, Premio Chiara a Vecchioni: nato comunista e illuminista, ora credo in Dio

Varesereport - 07/11/2016

Un pomeriggio alle Ville Ponti di Varese per incontrare Roberto Vecchioni, il cantautore milanese che ha ricevuto il Premio Chiara “Le Parole della Musica”, un riconoscimento dato in collaborazione da Premio Chiara e Club Tenco. “Era capace di indagare nelle cose normali, definito malamente scrittore provinciale, mentre è universale. Non ci sono più scrittori come questo, oggi che fanno tutti i strapoeti e straintellettuali”. Ovvero elogio di Piero Chiara: così Vecchioni inizia l’incontro con i varesini che hanno riempito la Sala Napoleonica.

Davvero accattivante Vecchioni, che nel pomeriggio ha amabilmente chiacchierato con Enrico De Angelis e Antonio Silva, una conversazione moderata dal giornalista Vittorio Colombo. Un dialogo sulla musica e la scrittura di Vecchioni, con qualche intermezzo musicale grazie alla proiezione di filmati, a partire da quello dedicato a Samarcanda, con Vecchione e il mitico Branduardi che vestono i panni di Stanlio e Olio.

Ma, passo passo, Vecchioni si lascia andare e racconta e si racconta, trasformando l’incontro quasi in una lezione, da professore quale lui, in fondo, è sempre rimasto. E allora dice che la “democrazia conta per la giustizia e la verità, ma non per la bellezza: è raro che le cose più belle siano quelle che piacciono di più alla gente”.  Naturalmente non manca il giudizio sul Nobel a Bob Dylan: “Era stato fatto anche il mio nome nel 2012…Quanto a Dylan, è stato capace di cantare le passioni, i dolori, le gioie di un popolo intero. E poi lui è un artista imperfetto, ma che canta cose vere”. Ma non tutti sono stati d’accordo… “Sì, come Baricco..ma la letteratura è la parola, l’archetipo”.

Vecchioni racconta la sua esperienza quarantennale di insegnante al Liceo Classico, evoca il racconto di lui bambino che in una trattoria milanese incontra Eugenio Montale, parla dei suoi gusti musicali, a partire dal suo amore assoluto e dall’amicizia per Francesco Guccini, ricorda le origini legate ad una delusione d’amore giovanile di quel piccolo capolavoro che è “Luci a San Siro”, non manca di presentare anche il suo ultimo libro “La vita che si ama”. Ma la chiusura del dialogo, prima della premiazione, è inattesa: Vecchioni parla di Dio e dei suoi rapporti con la fede.

Roberto Vecchioni ricorda il suo rapporto con Monsignor Gianfranco Ravasi che è convinto che il cantautore sia stato beneficato da Dio con diversi doni.  “Nasco comunista e illuminista – dichiara Vecchioni -, ma sento una fede notevole da un po’ di anni a questa parte, ho molta fiducia nell’aldilà e in Dio. Anche perché ho speranza. La fede per la speranza”. E poi aggiunge: “Voglio bene a Dio perché è un grande artista, ma soprattutto perché mi ha fatto nascere insieme ad altri uomini, ciò che più mi ha interessato conoscere per tutta la vita”.