Varese e Milano unite nell’arte

La Prealpina - 12/04/2018

Varese chiama Milano o viceversa? L’antico legame tra i due centri lombardi trova nuova linfa, quale che sia la risposta, in una mostra-evento disposta su due sedi, Villa Panza e Castello Sforzesco, definita «un’autentica novità nei rapporti istituzionali fra le due città». Così ieri mattina nel corso dell’affollata conferenza stampa di presentazione sul colle di Biumo di “The end of history”, titolo a metà strada fra inquietante ed intrigante che rappresenta la prima retrospettiva completa dell’artista californiamo Barry X Ball, presente insieme -fra gli altri- al vicepresidente esecutivo del Fai, Marco Magnifico e all’assessore alla cultura del Comune, Roberto Cecchi. In sala molti giornalisti di testate nazionali e non solo, che nel pomeriggio si sono trasferiti a Milano per la seconda inaugurazione allestita in concomitanza con MiArt, Fiera di Arte Moderna.

Il motivo è semplice: Villa Panza ospiterà fino al 9 dicembre (col patrocinio di Regione, Provincia e Comune) cinquantacinque opere che, senza seguire il consueto ordine cronologico, ma piuttosto esperienziale, vanno dagli esordi minimalisti alle più ardite sperimentazioni di alta tecnologia. «Excursus -sottolinea la direttrice di Villa e Collezione Panza, Anna Bernardini- che parte dai primi lavori a fondo oro che riecheggiano icone russe e pale d’altare e giunge ai recenti Portraits e Masterpieces, queste ultime sculture imponenti che reinterpretano opere famose del passato utilizzando materiali luminosi come l’onice o il marmo nero belga». In contemporanea, il Castello Sforzesco offre la recentissima Pietà, omaggio dell’artista al celebre marmo michelangiolesco di Milano, e il potente Pseudogroup of Giuseppe Panza, installazione composta da nove ritratti del grande collezionista immortalato da angolature ed espressioni diverse. Aspetto che getta luce sullo stretto legame artistico che univa Panza a Berry X Ball e che ha offerto a Magnifico l’occasione per togliersi un sassolino dalla scarpa: «Mi sono sempre chiesto come sia possibile che un uomo di tale levatura internazionale, nato e cresciuto a Milano nonostante poi avesse scelto come dimora Varese, non sia mai stato omaggiato come si deve dalla sua città natale».

Altro caso di “nemo propheta in patria”, insomma, anche se questa duplice occasione sembra andare finalmente in direzione opposta. «Quello dell’artista americano è uno studio continuo e assoluto – ha ricordato la storica dell’arte Laura Mattioli, che con Anna Bernardini cura la mostra- che pone al centro il tema dell’immagine perché è lì che si manifestano quelle relazioni temporali che arrivano dalla storia, dove presente e passato vengono posti in costante relazione, dando vita ad una sorte di corto circuito» che trova collocazione perfetta nelle sale al primo piano e nelle Rimesse delle Carrozze di Villa Panza.

Ancora una volta un grande motivo di richiamo aperto anche a persone con disabilità intellettiva grazie a Fai, Associazione L’abilità onlus e Fondazione De Agostini.