Tutto esaurito negli agriturismi, buone presenze nei ristoranti, boom della spesa alimentare. Una Pasqua all’insegna della tradizione anche nel Varesotto. Il sole ha concesso due giorni o quasi di sole, fatta salva la seconda parte della giornata di ieri, con qualche velatura in più: e così anche nella terra dei laghi ci sono state molte occasioni di trascorrere la Pasquetta con famiglia e amici. Con qualche differenza rispetto al passato, come sottolinea il presidente di Fipe Varese, la Federazione pubblici esercizi di Confcommercio, Giordano Ferrarese: «La Pasqua al ristorante non è stata forse eccellente ma è andata abbastanza bene, si è scelto volentieri il pranzo fuori casa, grazie a prezzi contenuti, non in aumento ma anzi stabili. Il clima in generale è parso più positivo rispetto al periodo prima delle elezioni. A volte è sufficiente ascoltare i discorsi al tavolo, che sono più portati a vedere un cambiamento e non a sperarlo». Insomma, anche la situazione istituzionale ha il suo peso quando si vuole far festa. Come hanno un effetto le campagne alimentari. Una curiosità? «Per il pranzo pasquale si stanno abbandonando i tradizionali agnello e capretto per preferire pesce o carni alternative, complice le campagne mediatiche animaliste – aggiunge il ristoratore -. La Pasquetta nei ristoranti ha visto una buona prova dei banchetti di tipo famigliare e di passaggio. Anche in questo caso i prezzi non risultano rincarati, anche se la maggior concentrazione della ristorazione è sull’agriturismo o sulla classica grigliata e scampagnata tra amici. In conclusione, benché non si veda una ripresa tangibile, si sente profumo di ottimismo nell’aria come accade con la primavera, e chi meglio di un cuoco riconosce questi profumi?».
La Pasqua bassa non ha dunque frenato la voglia di pranzare al ristorante, dove è prevalsa la formula “all inclusive” ad un prezzo medio di 52 euro, per una spesa totale di 313 milioni di euro. Lo spiega il lato nazionale di Fipe, che parla di presenze fuori casa per 6 milioni di clienti tra ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, in crescita dell’1,1% sull’anno scorso.
Quest’anno i ristoranti rimasti aperti per Pasqua sono stati l’89,2% del totale, in leggero aumento. Particolare attenzione è stata riservata alle famiglie con bambini, con menu dedicati ai più piccoli nel 36,5% dei locali ad un prezzo medio di 18 euro. Venendo ai piatti prescelti, osserva la Fipe, si rafforza il forte legame con la tradizione con ricette tipiche del periodo pasquale (75,9%), senza però dimenticare le proposte a filiera corta e con prodotti biologici.
Affascinati dai prodotti locali «Eppure la Gdo è imbattibile»
Prodotti locali in grande spolvero: Formaggella del Luinese, asparagi di Cantello, miele, vino, ma anche salse, caramelle, dolci e caffè: un ricco paniere di qualità, tutto made in Varese, spesso con importanti tradizioni alle spalle, che viene “esaltato” da rappresentanti delle istituzioni e politici come volano economico per un intero territorio. Ma come vanno questi prodotti sul mercato? Nei giorni delle festività pasquali c’è stata una richiesta particolare per portare in tavola prelibatezze con un’anima diversa dal solito? Difficile avere dei numeri precisi sul fenomeno, ma una cosa è certa: l’enogastronomia associata al turismo di qualità è una scommessa anche per la terra dei laghi, anche se non sempre la strada è priva di ostacoli.
La fortuna sarebbe quella di trovare questo “cesto” locale sui banconi dei supermercati, ma non sempre è possibile: o meglio, non vale per tutti. E chi investe sulla vetrina locale non ha numeri da capogiro.
Lo sottolinea Francesco Aletti Montano, volto noto del territorio, inventore del Borgo di Mustonate dove proprio i prodotti locali hanno conquistato “un posto al sole” all’interno di una filosofia che vuole valorizzare la vita all’aria aperta, semplice ma al contempo raffinata, in stile inglese. «Tutti i prodotti realizzati in provincia sono amati e conosciuti, questo è sicuro – premette l’ex banchiere, convertitosi a manager campestre -. Ogni territorio dovrebbe avere l’orgoglio di presentarli e proporli, ma parliamo comunque di un settore di nicchia, piccolo, con produzioni limitate».
Come a dire, difficilmente si potranno raggiungere business da capogiro rispetto ad altre zone d’Italia dove, per esempio, il vino ha una storia secolare e centinaia di migliaia di bottiglie in uscita ogni anno. A chi piace la ghiottoneria locale?
«Piace a persone che amano le cose particolari, magari per un regalo originale che promette di stupire chi lo riceve – prosegue Aletti Montano, che spesso si vede girare in calesse tra i filari del Borgo -. I turisti che arrivano da lontano hanno il piacere di acquistare ciò che associano al ricordo di una zona visitata. Ma la grande distribuzione è ancora molto forte: le strutture commerciali enormi, in particolare quelle nate di recente, strozzano letteralmente il piccolo commercio. E anche le nicchie locali, che non hanno certo la stessa forza nel proporsi alla clientela».