Ultima chiamata per il Maga

La Prealpina - 20/10/2016

«Se il Maga non darà i risultati sperati in tre anni, faremo un esame di coscienza e valuteremo cosa sarà meglio per il museo stesso e per la città». La frase è del sindaco Andrea Cassani interpellato sul futuro di quella che si chiamava Gam (Galleria d’arte moderna) e che proprio in questi giorni ha festeggiato i cinquant’anni. La Triennale, insomma, è l’ultima spiaggia. Anche se sarebbe meglio definirla ultima chance. Un’occasione pesante di rilancio, una strada sulla quale il Comune ha deciso di mettere il museo affinché «abbia sempre maggiore appeal», trampolino di lancio per recuperare risorse e allargare un respiro già molto importante se si considera – per esempio – la collaborazione con Londra per la mostra di Missoni e l’allargamento dell’asse culturale su Legnano.

Ma Cassani – ieri ha incontrato la direttrice Emma Zanella – vuole andare oltre, portare il Maga a un livello di sostenibilità sempre più elevato per rintuzzare le critiche politiche di chi lo ritiene un peso troppo gravoso per Gallarate e le perplessità degli scettici che non lo considerano in grado di darsi una prospettiva quanto meno nazionale. Belle parole, ma con quali soldi si possono raggiungere entrambi gli obiettivi?

In questi giorni è girata la voce su 300mila euro come base per l’accordo con la Triennale e come volano per dare un futuro al museo, aggiungendo lo stanziamento a quello necessario per la gestione ordinaria. Ma se già ora ci sono critiche per i circa 700mila euro che costa il Maga al Comune, cosa succederà quando il tetto verrà alzato fin quasi al milione? Ecco che Cassani indossa la divisa del pompiere e spegne l’incendio dei numeri, spiegando come stanno le cose: «Vi assicuro che nel 2017 il museo costerà meno che nel 2016».

Ma come? Semplice, rivedendo la convenzione che lega il Comune al Maga e scrivendone un’altra che mette un terzo soggetto attorno al tavolo, cioè la Triennale. «Grazie a un paio di opere che sono state realizzate, riusciamo a ridurre di almeno 20mila euro le spese energetiche». Questo sarebbe solo un granello di sabbia nel mare magnum dei costi, ma il primo cittadino non si scompone e annuncia: «I 300mila euro non saranno un forfait comunale, ma una cifra ipotetica che sarà legata ai singoli eventi. Potrebbe essere tranquillamente di meno e potrebbe pure essere raggiunta grazie a bandi e sponsorizzazioni». Nel contempo «ci sarà qualcosa da rivedere ancora nelle spese di gestione, per esempio sul capitolo del personale».

Insomma, Cassani cerca di far passare l’operazione di sostenibilità, non prima di dare una nuova governance alla fondazione intitolata all’indimenticato prof Silvio Zanella. Questi passaggi saranno contemporanei alla revisione della convenzione con la nomina – questo è confermato – di Silvana Annicchiarico alla presidenza. Fino a quel momento rimane in carica – pur se dimissionario dal 19 giugno scorso – Giacomo Buonanno, di fatto legale responsabile finché non viene eletto il successore. Lui ha qualche perplessità rispetto all’operazione prefigurata da Cassani e non perché è stato nominato da un’amministrazione di centrosinistra, quindi opposta a quella del sindaco leghista. Il suo è un discorso di numeri. D’altronde lui è ingegnere e docente alla Liuc, non gli piace volare senza avere la certezza delle cifre. Non a caso ha condotto un lungo braccio di ferro proprio con l’ex sindaco Edoardo Guenzani per alzare il budget.

Ora esprime i suoi dubbi: «Vi assicuro che abbiamo fatto di tutto per ridurre le spese mantenendo alta la qualità, però al di sotto dei 650-700mila euro non si può andare». Dunque, come risolvere il rebus? «Adesso non devo essere io a trovare la risposta», si limita a dire Buonanno. Che evidenzia un altro aspetto da chiarire in tutta la vicenda: «Nel board della fondazione Silvio Zanella c’è il ministero dei Beni e delle Attività culturali, oltre alla Regione. Pure nella Triennale ci sono questi due soggetti in campo. È normale che si stipuli una convenzione di questo tipo, con enti presenti dall’una e dall’altra parte?». La domanda resta in sospeso. Così come sul futuro del museo. Cassani cercherà di far funzionare la sua ricetta, ma la bacchetta magica non l’ha ancora trovata. E chissà se la troverà mai.