Donald Trump alla Casa Bianca non spaventa gli imprenditori lombardi. Il 21% dei titolari di aziende, infatti, gli affari miglioreranno. Soltanto il 13% si aspetta conseguenze negative, mentre il 27% è convinto che non cambierà sostanzialmente nulla rispetto alla situazione attuale. Sono i risultati di una indagine della Camera di Commercio di Milano , insieme all’azienda speciale Promos su circa 200 imprese lombarde attive sui mercati esteri, la maggior parte verso gli Stati Uniti. Una fotografia che riguarda anche la provincia di Varese. Basti pensare che nei primi sei mesi dell’anno, il valore dell’export della provincia di varese sul mercato americano è stato pari a 234 milioni di euro.
«Io mi trovo sostanzialmente d’accordo con gli imprenditori – commentaRodolfo Helg, direttore della scuola di economia della Liuc- , dal momento che nelle sue proposte espresse in campagna elettorale non ci sono riferimenti diretti all’Italia. Quindi credo che non ci saranno sconvolgimenti per il nostro Paese. Questo però non significa che non vi siano dei pericoli in agguato». Il rischio, anche per il nostro Paese, è quello di rimanere invischiato nel vortice che verrà a crearsi nel momento in cui il neo eletto presidente degli Stati Uniti d’America dovesse mantenere tutto ciò che ha promesso durante i suoi comizi. «E se dovesse davvero farlo – sottolinea Helg – ci sarebbe da preoccuparsi seriamente, perchè si andrebbe a uno scontro internazionale sotto il profilo economico». Il punto centrale è la Cina: se i dazi nei confronti dei prodotti del Drago saranno rialzati «c’è il rischio di una vera e propria guerra commerciale» spiega Helg. Non solo. . Oggi siamo di fronte a una produzione industriale frammentata a livello globale, «se si rompe questo equilibrio introducendo dei dazi – spiega ancora il docente della Liuc – si spezza la catena internazionale del valore». E gli effetti potrebbero essere devastanti. Il risultato sarebbe un mondo molto più incerto. «E l’incertezza – sottolinea Helg – sicuramente non rende la vita facile alle imprese, anche alle nostre. Anche per i nostri imprenditori, a quel punto, sarebbe tutto molto più complicato».
Sta di fatto che il mercato americano interessa – e non poco – alle imprese lombarde. Sempre secondo quanto rilevato dalla Camera di Commercio di Milano, il 33% degli imprenditori lombardi lo trova più attrattivo rispetto a otto anni fa, contro un 15% che lo rittiene meno interessante. Ben il 65% dei titolari di aziende vorrebbe incrementare i rapporti con gli Stati Uniti.
«Ora sarà fondamentale vedere chi accetterà, tra gli economisti , di lavorare con Trump – dice ancora Helg. Seguire le sue idee alla lettera sarebbe come tornare indietro di sessant’anni. Confidiamo che ci sia qualche economista che faccia da mediatore».
La forza degli operai
C’è un filo che collega l’economia del Varesotto con la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane. Whirlpool, la principale azienda del territorio prealpino, ha la sede mondiale e la stragrande maggioranza delle fabbriche statunitensi proprio sulla linea fra Ohio e Michigan, vale a dire quell’area che, colorandosi da blu a rosso e quindi passando dai democratici ai repubblicani, ha praticamente deciso una delle affermazioni più inaspettate della storia della politica contemporanea. Come molti analisti hanno sottolineato, infatti, è stata proprio la classe operaia ad aver voltato pagina al Partito democratico e ad abbracciare il nuovo presidente, ed è quindi facile comprendere come anche i lavoratori Whirlpool siano stati fondamentali nel ribaltone. Basta guardare i risultati delle contee dell’Ohio di Putnam, Hancock, Sandusky, Darke, Marion, vale a dire dove si trovano le fabbriche di Ottawa, Findlay, Clyde, Greenville e Marion. In tutto circa 10.000 operai per cinque delle otto fabbriche Whirlpool a stelle e strisce. Ovunque, qui, Hillary Clinton ha perso da 10 a 15 punti percentuali. Curiosamente quanto avvenuto con lo spostamento a destra della classe operaia americana è parzialmente già avvenuto nel Varesotto. Alle nostre latitudini non è raro trovare degli operai che si sono avvicinati alla Lega nord, voltando le spalle alle varie evoluzioni della sinistra. Per una volta, insomma, l’Italia e il Varesotto, seppure in maniera molto meno dirompente, ha precorso quanto avvenuto in America.