“Mattanza Meridiana”. Dalla base principale di Olbia a Cagliari, da Verona fino ad arrivare a Malpensa, dove a tremare ci sono più di 400 tra piloti e assistenti di volo. Con un termine forte, anzi fortissimo, l’Usb ricorda ai sindacati confederali, al governo e alle istituzioni che mancano soltanto trenta giorni al termine della procedura di licenziamento collettivo in Meridiana Fly.
Nonostante questo ancora non si è trovata un’intesa con Qatar Airways (il termine ultimo per l’accordo, inizialmente, era stato fissato per il 23 marzo scorso), il colosso arabo pronto a entrare in società con il 49 per cento e a rilanciare la compagnia, dimezzando, ma non eliminando, il numero degli esuberi che oggi ammonta a 955 unità, quanti sono i dipendenti coinvolti nella nuova procedura di messa in mobilità comunicata due mesi fa.
«Applicando il part time, i contratti di solidarietà e le ricollocazioni concordate in Qatar Airways, si ridurrebbero drasticamente eventuali esuberi o addirittura si azzererebbero del tutto», continua però a ribadire il sindacato di base. «E invece l’azienda vuole avere mano libera sui licenziamenti e scaricare il massimo costo economico e sociale sulla collettività. Ma i lavoratori lo rifiuteranno con tutti i mezzi a loro disposizione, nessuno escluso».
Non la pensa così il presidente di Meridiana, Marco Rigotti, che con una mail inviata a tutti i dipendenti ieri ha ricordato che, senza l’ingresso di Qatar Arways «non vi siano prospettive e dunque alcuna utilità nel continuare a finanziare la prosecuzione di un’attività in perdita». In altre parole, nero su bianco il numero uno di Meridiana ha detto che senza i soldi arabi Meridiana è destinata alla chiusura. E i qatarioti, che cominciano a spazientirsi dell’estenuante tira e molla in atto, soltanto un mese fa avevano ribadito le due condizioni perentorie: un netto taglio del numero dei dipendenti (almeno 450), giudicato troppo elevato, e una serie di sacrifici (tra cui un nuovo contratto di lavoro). Senza non verrà realizzato l’investimento.