“Prima i nostri”. Dove “i nostri” sono i ticinesi, mentre “gli altri” sono gli italiani, i varesini: siamo noi. Il 25 settembre gli elettori del Canton Ticino saranno chiamati alle urne per un referendum molto atteso nelle zone di confine del Varesotto, visto che al centro del dibattito ci sarà una modifica costituzionale «per la salvaguardia dell’identità ticinese, contro l’immigrazione di massa e il dumping salariale», per utilizzare le parole dei promotori. Le due questioni sul tavolo riguardano l’invasione dei frontalieri in Canton Ticino, che hanno superato da un pezzo la quota delle 60.000 unità. E poi il dumping salariale e quindi quel fenomeno per cui i salari del Canton Ticino sono trascinati verso il basso dalla forza lavoro italiana. Il motivo? A un italiano uno stipendio da 2.500-3.000 franchi al mese sta più che bene, mentre a un autoctono no. Ecco perché l’Udc, il principale partito elvetico di destra, ha proposto il quesito referendario sostenuto anche dalla Lega dei Ticinesi. Fra le iniziative previste se dovesse vincere il “Sì”, ci sarebbe l’obbligo, per i datori di lavoro, a pari qualifiche professionali, «di dare la precedenza ai residenti rispetto agli stranieri quando ci sarebbero delle assunzioni». Inoltre si vorrebbe che «nessun cittadino del territorio venga licenziato a seguito di una decisione discriminatoria di sostituzione della manodopera indigena con quella straniera oppure debba accettare sensibili riduzioni di salario a causa dell’afflusso indiscriminato della manodopera estera».
Già nel febbraio di due anni fa, con un precedente referendum, i ticinesi avevano approvato l’introduzione di contingenti per limitare il numero degli stranieri. Nonostante la vittoria del “Sì”, la proposta non è ancora stata applicata, perché l’Unione europea si è messa di traverso. Inoltre una proposta del genere potrebbe far saltare il banco dell’accordo fiscale fra Italia e Svizzera il cui iter dovrebbe riprendere a breve. La destra ticinese però prosegue nel suo obiettivo: «Promuoviamo un’iniziativa costituzionale che ponga rimedio all’attuale mancanza di protezione per i salariati ticinesi — spiegano i promotori —. Non è una battaglia partitica, ma una lotta trasversale per sostenere la nostra identità e i nostri diritti, che vuole proteggerci dal dumping salariale in atto grazie al continuo aumento dei frontalieri».