Indossare una giacca elegante o un vestito di una famosissima griffe, senza accorgersi che sotto sotto c’è un pezzo di Varese. La Brunello spa produce tessuti e fodere per le più prestigiose firme italiane e mondiali, ma fa della discrezione il suo marchio di fabbrica. Eppure, non basterebbe un romanzo per raccontare questa avventura imprenditoriale iniziata nel 1927 nel piccolo paese della Valbossa da cui prende il nome. E dove ancora oggi lavorano 120 dipendenti in tutti i settori, dall’ideazione alla grafica alla produzione.
Un mondo affascinante, legato a doppio filo alla moda, a cominciare proprio dalla sede sospesa fra antico e moderno, dove macchinari di ultima generazione convivono con sassi e travi a vista, gli uffici di design con le vecchie abitazioni dei fondatori, il rumore dei telai con gli schizzi dei creativi: passeggiando dagli uffici alla tessitura, dal parco all’atelier, è tutto un rincorrersi di colori, stoffe, bozzetti, scampoli e manichini. Qui tutto è improntato all’alta gamma, con certificazioni ambientali internazionali e controlli rigorosi sulla qualità, che sia per il mercato locale o mondiale. L’ultima novità è la collezione “BemBAZIN” per gli abiti tradizionali della cultura africana (vedi box accanto), una linea brillante, coloratissima e traspirante, che si distingue anche per il profumo unico: sa di rosa.
«La produzione è al 100 per cento qui a Brunello – dice Manuela Della Vedova, responsabile marketing e comunicazione – e questo è molto importante per assicurare la qualità del made in Italy in un settore che negli anni ha visto perdere molte professionalità».
La Brunello è specializzata nell’ideazione e produzione di tessuti da fibre artificiali, dove il termine non è affatto sinonimo di “sintetico”. In realtà i tre filoni principali sono legati a materie prime naturali che però devono essere lavorate per arrivare al filato da intrecciare: in ordine di qualità decrescente, si tratta di cupro (prodotto da una sola azienda giapponese), viscosa e acetato. Il primo deriva dallo scarto dei semi del cotone, altrimenti dispersi e buttati, la viscosa dalla cellulosa delle piante, l’acetato da quella della polpa di legno.
La maggior parte dei tessuti sono fodere, cioè tutto quello che serve a rivestire gli abiti internamente, come i sottogiacca. E per questo molti non sanno nemmeno di indossare una meraviglia Made in Varese. Sui 400 telai lavorano operai specializzati con un know-how altissimo e la capacità di realizzare prodotti unici in base alle richieste delle griffe, sia intrecciando i fili, sia con stampe digitali. L’ordito sapiente genera ogni forma di disegno, con fantasie infinite: i tessuti cadono morbidi, sono sostenibili e traspiranti. La qualità è percepibile anche sfiorando uno scampolo. Le fodere Brunello sono destinate ad abbellire ulteriormente i capi delle più note maison rendendoli unici e preziosi. Brunello c’è ma non si vede, eppure senza quel marchio invisibile il capo non sarebbe lo stesso. Qui regna la discrezione, incarnata anche dalla titolare, Elisabetta Gabri: «Siamo legati al territorio e allo sport locale, non inseguiamo il profitto fine a se stesso, ma lo sviluppo condiviso. Ora il problema è il caro energia: nonostante un efficientamento massimo, le bollette sono passate da 100mila a 500mila euro al mese, con il monitoraggio dei consumi fermeremo la produzione quando supereremo la sostenibilità economica mensile».
Un lungo filo al femminile
L’azienda viene fondata nel piccolo paese della Valbossa da Giuseppe e Maria Ghiringhelli nel 1927, ma le altre due generazioni sono tutte al femminile. A rilevare l’attività saranno infatti le due figlie dei fondatori, Annamaria e Rosanna, che poi lasceranno il timone proprio all’attuale general manager, Elisabetta Gabri, nominata commendatore al merito della Repubblica italiana nel 2015.
Per l’Africa al profumo di rosa
L’ultima novità in casa Brunello è il BemBAZIN, un tessuto studiato, creato e prodotto per il mercato africano. La sua composizione lo rende pregiato e unico al mondo, un tessuto di alta qualità utilizzato per creare gli abiti tradizionali di haute couture dell’Africa Occidentale. I tessuti, dal tipico profumo di rosa, sono caratterizzati da colori brillanti e accesi. L’intreccio dei filati di cotone e cupro su telai jacquard di ultima generazione crea disegni e fantasie vivaci, dai geometrici ai floreali. Si distingue per brillantezza, tridimensionalità e traspirabilità. I tessuti vengono acquistati nelle boutique e poi utilizzati per creare abiti sartoriali da indossare nelle occasioni più importanti, come fossero il vestito della domenica per noi. BemBAZIN è marchio registrato da Brunello e la tipologia di tessuto è stata brevettata.
Strappi nel tessile, ma ora si prevede maggior stabilità
L’importanza dell’industria tessile e dell’abbigliamento di Varese è nota: si tratta di una delle realtà più importanti a livello italiano. A confermarlo sono i numeri, quelli forniti dall’Ufficio Studi Univa , che rilevano come il settore “Tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria” della nostra provincia sia decimo in Italia per numero di addetti (11.648); nono per unità locali (1.431); dodicesimo per l’export (1.073 milioni di euro). Le esportazioni si concentrano principalmente fra Stati Uniti (121 milioni di euro) e Francia (110). Seguono Regno Unito (88), Hong Kong (84) e Germania (77). La crisi, però, si fa sentire. Analizzando i dati dell’analisi congiunturale del secondo trimestre 2022, e prendendo in esame il comparto moda – dopo più trimestri consecutivi di tenuta dei livelli produttivi – si notano i veri contraccolpi dei prezzi delle materie prime e dell’energia, con un saldo delle risposte negativo, pari a -26,6 punti percentuali, che descrive una difficoltà diffusa sostanzialmente a tutti i livelli di filiera: prevale nettamente un profilo negativo (il 50,3% delle imprese intervistate segnala una diminuzione dei livelli di produzione rispetto al trimestre precedente) e un’equa distribuzione di risposte tra chi ha segnalato stabilità (26,0%) e incrementi (23,7%).
Le attese sul terzo trimestre sono invece meno negative: a livello previsionale la maggioranza delle imprese mostra un quadro di stabilità (il 42,9%), contro una percentuale che si aspetta aumenti che rimane costante (23,9%) e una quantità che si aspetta ulteriori riduzioni dei livelli produttivi (33,2%), portando il saldo delle risposte a -9,3 punti percentuali.
Nel secondo trimestre a livello provinciale l’Inps rileva che nel settore moda sono state autorizzate 303.791 ore di cassa integrazione ordinaria, in calo rispetto al 2021 (-85,7%). Complessivamente (considerando quella ordinaria, straordinaria e quella in deroga) nel periodo aprile-giugno 2022 sono state autorizzate 730.372 ore nel settore moda, in riduzione (-68,2%) rispetto al secondo trimestre del 2021.