Dalla Svizzera, sempre dall’Unione Democratica di Centro (Udc), partito di maggioranza relativa, torna una nuova iniziativa contro la libera circolazione.
Dopo la votazione del 9 febbraio 2014 contro l’immigrazione di massa, che ha fatto discutere non solo nella Confederazione ma anche in Europa, oltre che in Italia per gli accordi tra Roma e Berna, i democentristi provano a dare la spallata finale agli accordi di libera circolazione delle persone che includono anche le regole che permettono ai frontalieri di lavorare in Svizzera. La raccolta delle firme per questa nuova iniziativa dell’Udc potrebbe iniziare il prossimo gennaio. Il testo è attualmente all’esame della Cancelleria federale e il partito spera di ottenere il via libera a dicembre. L’articolato scelto che è passato al vaglio del partito include il divieto di firmare nuovi accordi internazionali contrari al principio di limitazione dell’immigrazione.
Il testo, intitolato “Limite alle frontiere”, prevede poi che la Svizzera regoli in maniera autonoma l’immigrazione e che non possa essere conclusa nessuna nuova intesa che conceda libertà di movimento ai cittadini stranieri. Gli accordi internazionali esistenti, secondo le premesse dell’Udc, inoltre, non possono essere in contraddizione con questi principi. Se il testo dovesse essere accolto in votazione popolare, il Consiglio federale – il Governo svizzero – avrebbe un anno di tempo per negoziare con l’Ue la disdetta della libera circolazione.
Se non fosse possibile trovare un accordo, sarebbe necessario rinunciare a tutto il pacchetto dei “Bilaterali I” entro un mese. Il lancio della modifica costituzionale da parte del partito che in Ticino ha fatto votare “Prima i nostri” per garantire che i posti pubblici e nel terziario vadano prima alla popolazione indigena, è stato deciso in collaborazione con l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (Asni). I membri dell’Asni si erano detti d’accordo già il 6 maggio scorso. Per la destra, la legge di applicazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, accolta il 9 febbraio 2014, non è fedele al testo posto in votazione.
Con questa seconda iniziativa il Consiglio federale sarebbe obbligato a disdire la libera circolazione, che è poi la condizione che permette agli italiani di lavorare in Ticino e nei cantoni di frontiera. Difficile dire se tutto questo avverrà o se è solo fantapolitica perché la stessa Confederazione si troverebbe isolata all’interno dell’Europa, con il rischio di perdere finanziamenti su ricerca e istruzione, su infrastrutture e trasporti. Con penalizzazioni per il suo tessuto industriale, all’interno di un Paese che non vive di sole banche. Basti pensare al settore farmaceutico e a quello chimico. Come dire, tra le iniziative, il voto e la reale volontà di applicare il verdetto delle urne, c’è di mezzo il mare.