Sul Lago Maggiore deserto industriale

La Prealpina - 27/10/2016

Il caso più eclatante è stato quello della chiusura della Imf di Luino , avvenuta circa un mese e mezzo fa, con i suoi 120 dipendenti rimasti senza lavoro. Ma quello che sta accadendo lungo la sponda varesina del Lago Maggiore e nelle valli poco distanti dal confine, è una vera e propria desertificazione industriale. A lanciare l’allarme è la Cgil di Varese, a subirne le conseguenze, molto pesanti, sono le centinaia di famiglie che si ritrovano vittime di una crisi che sembra non mollare il colpo.

«Nella zona dei Laghi è un vero e proprio disastro – dice Francesca De Musso, responsabile Cgil per l’intera area – il numero delle aziende in crisi continua a crescere. E, soprattutto da un punto di vista sociale, si stanno vivendo dei veri e propri drammi». In gioco c’è il futuro di centinaia di famiglie. L’elenco delle imprese, piccole e medie, che hanno i conti che non tornano o che si sono viste diminuire commesse, ordini e lavoro assomiglia a un vero e proprio bollettino di guerra. E, purtroppo, coinvolge tutta la sponda lacustre, da Sesto Calende a Luino.

Oggi, ad esempio, scade la cassa integrazione straordinaria alla Monitor di Vergiate che lavora nel settore degli ascensori e per gli 85 dipendenti inizia il tunnel della disoccupazione, dal momento che l’azienda chiude. La Sacma di Crosio della Valle ha chiesto il concordato preventivo e chiuderà l’autorizzazione all’apertura della procedura di mobilità per i 35 dipendenti, per cessazione di attività. Alla Masci di Germignaga i 32 dipendenti sono in cassa integrazione, esattamente come il centinaio di persone al momento in cassa alla Swk (utensileria) di Gemonio. Gli ammortizzatori sociali sono attualmente in corso anche alla Gtf di Sesto Calende, con i suoi 90 lavoratori. Sempre nello stesso comune, accusa delle sofferenze anche Atos, azienda che produce pompe oleodinamiche: i suoi cento dipendenti sono in regime di contratti di solidarietà. Anche chi si è ritagliato un posto nei mercati di nicchia deve fare i conti con bilanci poco positivi. E’ il caso, ad esempio, della Ellamp di Bodio, che si occupa di impianti di illuminazione per i treni: il personale, composto da 81 persone, è in regime di solidarietà.. Senza dimenticare le chiusure di Condenser (cento persone senza lavoro) e At Component.

«La situazione è molto pesante – continua De Musso – dal momento che si sta creando un vero e proprio deserto occupazionale. La realtà, tra l’altro, ci dice che le aziende chiudono e non ne nascono di nuove. Non ci sono alternative. Dove andranno tutti questi lavoratori che si ritrovano senza occupazione? Teniamo presente, poi, che la maggior parte di loro sono operai generici, difficili da ricollocare. Noi siamo molto preoccupati». E la preoccupazione è talmente profonda che è stata espressa chiaramente anche a Regione Lombardia e Provincia. «Abbiamo chiesto in più occasioni – sottolinea De Musso – che le istituzioni mettano a disposizione delle risorse che vadano a sostenere i lavoratori nel loro percorso di riqualificazione e ricollocamento. Ci hanno ascoltato e rassicurato, ma fino ad oggi nulla è cambiato». L’appello, dunque, si rinnova.