La sparizione della torpediniera T 19, “Locusta”, avvenuta nelle acque del lago Maggiore nel 1896 a causa di una forte tempesta potrebbe avere, ora, un epilogo inaspettato. Un ingegnere e ricercatore varesino, Roberto Mazzara, afferma di averla individuata a Punta Cavalla, in località il Poggio, nel territorio comunale di Maccagno con Pino e Veddasca. L’incrociatore in metallo di circa 20 metri, affondato con a bordo 12 persone di equipaggio – 4 militari della Guardia di Finanza e 8 marinai della Regia Marina Militare – pare essere calato a picco durante opere di controllo proprio nell’area di confine tra Italia e Svizzera.
La scomparsa e quindi i tentativi di ricerca che vanno avanti da oltre un secolo, sono avvolti nel mistero. Ma adesso: «Sono in grado di affermare di aver ritrovato l’area dove giace la Locusta – ha spiegato ieri alla Prealpina l’ingegnere Mazzara mostrando alcune foto – e lo dico suffragato da prove scientifiche. Non ci sono ancora immagini video, che comunque otterrò in futuro, perché voglio tornare con un’unità attrezzata ad hoc. Ci tengo a dire che quando ho ottenuto le prime immagini con il “side scan sonar” (sonar a scansione laterale Ndr) mi sono avvalso della collaborazione dell’Associazione sub Verbania. Mentre per quelle ottenute con il magnetometro, che appunto riferiscono la situazione di rispondenza magnetica, devo ringraziare l’Avav di Luino. Queste sono due prove scientifiche che dimostrano che in quella zona c’è l’imbarcazione sul fondo, per la quale ho già fatto formale denuncia di ritrovamento. Non desidero rilasciare per ora ulteriori dichiarazioni, anche perché ancora in questi giorni siamo in piena fase lavorativa ma tengo a ringraziare l’Autorità di bacino lacuale e la Guardia di Finanza per la collaborazione ottenuta».
«Io sono sicuro – ha garantito Mazzara – che lì sotto c’è l’imbarcazione affondata a causa di quella maledetta e violenta burrasca e sono disposto a metterci anche del mio, mie risorse, per andare avanti e recuperare questo storico scafo».
Come detto, negli ultimi anni sono stati diversi i tentativi di individuare e recuperare questa torpediniera costruita in Gran Bretagna dai cantieri Thornycroft di Londra fra il 1883 e il 1885. La Regia Marina aveva assegnato a questo mezzo, come fatto con gli altri otto acquistati dall’Italia, un nome di insetto: Locusta appunto. Secondo il sito specializzato “La voce del Marinaio”, «delle nove torpediniere tre unità vennero destinare al lago di Garda, tre al lago di Lugano e tre al lago Maggiore con base rispettivamente a Limone, Porlezza e Cannobio». La Locusta T19, l’8 gennaio 1896, durante un servizio anticontrabbando nelle acque al confine con il Ticino, fece perdere le sue tracce. Il fondale da quelle parti è accidentato con pareti a strapiombo e pendii fangosi che vanno da zero a trecento metri di profondità.
Le ultime ricerche sono state fatte nel 2015; ancora prima, nel 2012, a tentare l’impresa era stato un ingegnere di Lugano, conosciuto a livello mondiale per altri ritrovamenti, tra i quali il relitto della corazzata “Roma“, affondata lungo le coste della Sardegna nel 1943. «Con tutta la cautela che la questione impone – ha detto il sindaco di Maccagno, Fabio Passera – sono felice che si siano riaccesi di nuovo i fari della pubblica attenzione sul recupero della Locusta, una delle vicende più intriganti del nostro Lago. E la soluzione non poteva che trovarsi a largo della costa di Maccagno con Pino e Veddasca».