Lanciare a livello internazionale le uniche due produzioni Dop (Denominazione di origine protetta) della provincia di Varese, il miele e la Formaggella del Luinese. È l’appello pronunciato dal presidente di Confagricoltura Varese Giacomo Brusa alla settantunesima assemblea generale di ieri alle Ville Ponti dal titolo “Coltiviamo noi il futuro”. A un anno dall’insediamento e alla prima relazione in questa veste («ammetto, sono emozionato»), Brusa ha ricordato che le eccellenze locali «sono purtroppo per ora sono potenzialità inespresse, dal punto di vista produttivo e commerciale. E questo è un vero peccato. Mi chiedo se abbia un senso economico ottenere una Dop, sottoporsi a burocrazie estenuanti e a rilevanti costi aggiuntivi, per poi venderla nella piazza del paese ai vicini di casa. Abbiamo uno dei tre mieli Dop in Italia e l’unico formaggio Dop al cento per cento di latte di capra. Sono le principali prospettive di sviluppo per il settore nella nostra provincia».
Il presidente ha sottolineato poi la necessità di fare fronte comune con tutta la filiera (e infatti ieri c’erano imprenditori di altre aree) e ha chiesto un cambio di passo alla politica per sburocratizzare il settore. Un messaggio rivolto al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e all’assessore all’agroalimentare Fabio Rolfi. Nelle prime file anche la vicepresidente del Consiglio regionale Francesca Brianza, l’europarlamentare Lara Comi, i parlamentari Dario Galli, Stefano Candiani e Gianluigi Paragone, oltre al sindaco di Varese Davide Galimberti, al vicesindaco Daniele Zanzi, al vicepresidente della Provincia Marco Magrini e al presidente della Camera di commercio Fabio Lunghi. Tutti riuniti per ascoltare la voce della categoria.
«A differenza del passato oggi l’agricoltore fa tante cose – ha aggiunto il presidente -. Si occupa del tempo libero con gli agriturismi, del sociale con le fattorie, di paesaggio con il florovivaismo, della produzione energetica». Una rivendicazione orgogliosa che non risparmia bordate ad altre associazioni che propongono «sconti e illusioni» o che puntano proprio alla vendita diretta come «fosse l’unica via d’uscita. Ma a una platea di imprenditori è ben nota la differenza tra mercato e mercatino». Un ruolo sempre più importante guardando al 2050 quando la popolazione mondiale arriverà a 9 miliardi: «Sarà necessario incrementare le produzioni agricole del 70 per cento. E la sfida è coniugare l’incremento demografico con la riduzione delle superfici agricole». Sfida da vincere, anche se «la politica non ci ha aiutato – ribadisce Brusa -. Sei ministri in otto anni sono veramente troppi». E nemmeno i media, che hanno spinto per una «visione bucolica e agreste di un’agricoltura che non esiste più».
I grandi temi sono innovazione e formazione. Se il futuro è il made in Italy, «per promuoverlo occorre in primo luogo produrlo». La politica non deve ostacolare: nel mirino «piani di sviluppo rurali inapplicabili nelle aree montane, sistemi informatici inefficienti, proliferazione selvaggia di normative ambientali, esplosione della fauna selvatica a spese dei nostri raccolti». Non la solita lista della spesa, sottolinea il presidente, ma un messaggio chiaro indirizzato alla nuova Lombardia.