È Varese la città più nominata in assoluto, presente in almeno quattro scene cui si aggiunge il finale (sospeso) che lascia intendere un link importante con la nostra realtà. Accade in “Due soldati”, film che dopo essere passato al Festival di Locarno, è stato presentato domenica sera alla chiusura del Festival della Comunicazione di Camogli.
Alla proiezione (in una gremita piazza sul mare) era presente anche il regista Marco Tullio Giordana, autore di pellicole importanti, quali, tra le altre, “I cento passi” dedicato a Peppino Impastato, e “La meglio gioventù”. Il film tv, prodotto da Rai fiction con Cross Productions (sarà trasmesso a ottobre da Rai Uno), vede tra i protagonisti tre giovani talenti: Angela Fontana, Daniele Vicorito e Dario Rea, chiamati a interpretare un dramma che fa pensare, come succede sempre nei film di Giordana. Sasà ed Enzo vivono a Castel Volturno (Caserta) e non si conoscono. Sasà vive in un mondo malavitoso, scorta i trasportatori di droga; Enzo invece è arruolato nell’Esercito ed è in missione in Afghanistan. Deve sposarsi con la 17enne Maria ma viene ucciso. Sasà invece viene ferito in uno scontro tra bande mafiose, forza una serratura e si nasconde nell’appartamento in cui Maria doveva andare a vivere. La ragazza lo trova e lo aiuta.
Il primo riferimento a Varese appare a pochi minuti dall’inizio del film: le amiche di Maria parlano di una di loro, Rosalba, che si è trasferita a Varese. Poi, più avanti, Maria sta scegliendo gli abiti del matrimonio; una delle ragazze commenta uno dei vestiti definendolo «una cafonata» e poi si chiede: «A Varese fanno le cafonate?».
La nostra città riappare nelle parole della protagonista quando va in un’agenzia viaggi per farsi rimborsare il viaggio di nozze. Chiede proprio un biglietto per Varese, «treno o aereo» non importa perché aggiunge di non sapere neppure come ci si arrivi. Ancora, più avanti, Maria suggerisce a Salvatore (Sasà) di cambiare vita: «vai a Varese, al nord, è lontano. Rosalba dice che ci sta benissimo». In un’altra scena, Salvatore prende il biglietto per Varese e ci scrive sopra una frase chiave: «hai ragione, non sono un soldato».
E poi, come anticipato, c’è un altro riferimento a Varese (anche se tacito) nell’ultimissima scena, che sarebbe un peccato svelare.
«Molto meglio di Como» Il regista non ha dubbi
È stato lo stesso Marco Tullio Giordana a spiegare per quale motivo Varese (senza che si veda mai) venga nominata così tante volte. «Volevamo che i protagonisti sognassero una terra lontana, indefinita. Un posto che sembri migliore di quello in cui vivono».
Il regista ha aggiunto: «ci serviva una città che evocasse il nord, ma meno famosa di Milano nell’immaginazione collettiva, che richiamasse sensazioni d’ordine, felicità, che paresse incontaminata. E, per chi sta al sud, anche un po’ lontana, un po’ come la Svizzera».
A proposito di terra elvetica, Giordana ha spiegato che il film è stato accolto positivamente anche al Festival del Cinema di Locarno. Poi, tornando ai rimandi, Giordana ha precisato che Varese rievoca qualcosa di manzoniano ma è meno inflazionata di Como, «che tutti associano a Clooney», di bucolico. Un sogno possibile per chi fugge da una certa realtà. Giordana ha detto inoltre di aver lasciato la sceneggiatura così com’era (firmata da Ludovica Rampoldi, Massimiliano Virgilio e Maurizio Braucci). Quanto a lui, ha spiegato che lui Varese la conosce bene, «ma certo, conosco tutte le zone, ci sono stato varie volte, d’altra parte abito vicino, a Milano». E ha espresso un desiderio: mi piacerebbe proiettare il film anche a Varese, porterei anche i protagonisti, così, dopo averla nominata tante volte, potrebbero finalmente vederla.”