Domani il giudice della seconda sezione fallimentare del Tribunale di Milano Guido Macripò dovrebbe decidere del futuro della società Autostrada Pedemontana Lombarda. Ma potrebbe esserci un rinvio. Perché? La mole di materiale da analizzare è massiccia a partire dalle corpose memorie depositate dai pm di Milano, Paolo Filippini e Giovanni Polizzi, che hanno chiesto il fallimento per la società Apl (Autostrada Pedemontana Lombarda), controllata da Milano-Serravalle e partecipata da un gruppo di banche tra cui Intesa Sanpaolo, Unione di banche italiane e da Bau Holding Beteiligungs. Il pool di magistrati ha depositato un documento di oltre seimila pagine firmato dal perito Roberto Pireddu che avvalora la tesi dei pm secondo cui Pedemontana non può garantire la continuità aziendale. Mentre il legale di Pedemontana Luigi Arturo Bianchi ha sostenuto davanti al giudice che «l’insolvenza della società non esiste, come dimostra l’assenza di richieste da parte dei creditori»: a questo si sommano le controdeduzioni. Insomma un caso complesso che potrebbe richiedere al giudice Macripò altro tempo: questa al momento è la sensazione degli addetti ai lavori. Del resto, analizzando i bilanci di Apl, i conti non sono in equilibrio (l’ultimo bilancio si è chiuso con una perdita di 7 milioni di euro), i costi superano i ricavi e perciò sarà impossibile far fronte al fabbisogno finanziario necessario per completare l’opera, ferma ad un terzo del progetto con la costruzione delle tangenzialine di Varese e Como e la tratta B1 da Lomazzo a Lentate sul Seveso.
I fondi pubblici già stanziati ammontano a 1,2 miliardi di euro, di cui 800 già spesi. Per concludere l’autostrada servono almeno altri 3 miliardi, cui si aggiungono le incognite legate ad altri 3 miliardi di riserve richiesti da Strabag. In più Pedemontana ha aperto 60 contenziosi a vario titolo. E anche l’ultimo tentativo di ricapitalizzazazione è andato a vuoto.
E dunque il possibile rinvio potrebbe quasi coincidere con la fine dei giochi al 31 gennaio 2018 come aveva predetto e scritto l’ex ministro delle Infratrutture e magistrato di Mani pulite Antonio Di Pietro che è stato ai vertici della società Apl fino allo scorso maggio, firmando il bilancio 2016 (sarebbe stato Di Pietro a portare i faldoni alla Procura della Repubblica). Di Pietro non ha mai nascosto la situazione societaria, dichiarando che nelle casse di Apl ci sono fondi fino alla fine di gennaio 2018, data in cui scadrà anche il presito ponte. Di fatto i cantieri sono fermi da quasi due anni, così come faticano anche a partire le opere di compensazione in provincia di Varese: lavori che sono parte integrante dell’autostrada. Intanto la questione Pedemontana è arrivata anche in Senato lo scorso primo agosto quando un gruppo di senatori del Movimento 5 Stelle ha chiesto ai ministri delle Infrastrutture e dell’Economia se «Intendano rivedere la strategicità dell’opera anche adoperandosi affinché la Pedemontana lombarda non rientri tra le opere finanziate nell’ambito del piano Juncker».