Parlamentari e sindaci Sulle incompatibilitàè pasticcio all’italiana

La Prealpina - 29/03/2018

Erano la bellezza di sedici i sindaci del Varesotto in corsa alle elezioni per Parlamento e Regione. Una folta pattuglia, con rappresentanti in senso trasversale tra i partiti, attorno alla quale si sono espressi gli elettori. Tutti primi cittadini di Comuni medi o piccoli. Risultato: tre di loro hanno staccato il biglietto per Roma; due per il Pirellone. Sono i leghisti Dario Galli, sindaco di Tradate, Leonardo Tarantino (Samarate) e Matteo Bianchi (Morazzone), eletti deputati a Montecitorio. Marco Colombo, primo cittadino leghista di Sesto Calende, e Samuele Astuti, dem a capo della giunta di Malnate, promossi invece consiglieri regionali. Un successo personale per ciascuno di loro, che pone però un problema di compatibilità istituzionale per il doppio incarico. Ma se per Colombo e Astuti le norme non ammettono fraintendimenti, per i tre “romani” la faccenda si complica, e non di poco.

Spieghiamo. I neo consiglieri regionali dovranno scegliere se restare sindaci o optare per l’Aula milanese di via Fabio Filzi: non possono raddoppiare gli incarichi elettivi. Se non scegliessero dove svolgere il loro compito pubblico decadrebbero automaticamente dalla carica municipale. Al loro posto subentrerebbe il vice sindaco, in attesa dalla prima data utile per tornare alle urne. Cosa che, perlomeno a Malnate, è già in agenda già per il prossimo anno.

Tutto cambia e, appunto, si complica con gli scenari parlamentari. Qui la norma va interpretata. Anzi, da interpretare ce ne sono più di una, in contraddizione tra di esse. Scontato che per i Comuni al di sotto dei cinquemila abitanti non esiste incompatibilità (è il caso di Morazzone), la faccenda si ingarbuglia per le città fino a quindicimila abitanti. Quindicimila o ventimila? Dubbio numerico generato dalla legge Delrio che si sovrappone al testo unico degli enti locali: l’una dice una cosa che contraddice l’altro. Se fossero ventimila, il problema non si porrebbe: né Samarate né Tradate superano questa soglia. Se fossero quindicimila, la questione cambierebbe a sfavore dei due sindaci/onorevoli. Ma anche qui non è detto che l’incompatibilità sarebbe accertata. Infatti, esistono alcune sentenze della Cassazione che interpretano in senso estensivo la legge, escludendo appunto incompatibilità di sorta. Di più: sarebbe consentito a un sindaco di farsi eleggere in parlamento, ma non a un parlamentare di diventare sindaco: un pasticcio tipicamente all’italiana. Per la cronaca è doveroso ricordare che Dario Galli si trova a dover affrontare una tripla incompatibilità: è il primo dei non eletti al parlamento europeo per la Lega. Dopo le elezioni del 4 marzo, lasceranno Bruxelles almeno tre eurodeputati, tra i quali Matteo Salvini. Galli sarebbe uno dei sostituti designati. Ma ha già fatto sapere che andrà alla prima delle sedute utili per annunciare le sue dimissioni.

Nel frattempo, la querelle sulle incompatibilità “nazionali” dovrà essere affrontata e risolta dalla Giunta per le elezioni della Camera dei deputati. Che non è ancora stata formata, che dovrà insediarsi e cominciare l’esame di tutte le situazioni dubbie: a Montecitorio sono alcune decine. I tempi sono però tutt’altro che certi, con molta probabilità verranno posticipati di mesi, lasciando tutti nel dubbio. Tranne che per una cosa: gli emolumenti da sindaco e di parlamentare non potranno essere cumulati. Coloro che si trovano in una situazione simile dovranno decidere quale “stipendio” farsi accreditare. Voi che cosa scegliereste, sapendo che un sindaco di una piccola città non arriva a incassare duemila euro al mese e un parlamentare ne porta a casa cinque, sei volte tanto?