La bastonata, alla fine, è arrivata. Ma poteva anche andare peggio a Paola Reguzzoni, l’ex assessore e presidente Agesp che la Lega Nord ha deciso di mettere fuori dal movimento per dieci mesi. Una sospensione (quella chiesta dalla sezione sezione provinciale, decisa dalla segreteria nazionale e che ora aspetta la vidimazione a livello federale) che pesa sul suo futuro politico dentro il Carroccio, ma che perlomeno sventa quell’espulsione che avrebbe scatenato la guerra e creato una martire.
Con dieci mesi fuori dalle riunioni e dalle decisioni dell’universo padano locale, Reguzzoni paga la colpa (secondo i suoi oppositori) di aver organizzato la trappola al sindaco Emanuele Antonelli e al suo predecessore Gigi Farioli, sfilando a quest’ultimo la presidenza d’assise e – cosa ritenuta ben più grave – lasciando che finisse all’opposizione. L’altro grande accusato era Giampiero Reguzzoni, già vicesindaco e ora consigliere regionale, che però rispose subito all’ordine di dimettersi dal consiglio di Busto e venne velocemente perdonato. Paola invece no, ha resistito al suo posto («dove mi hanno voluto 500 elettori», ha sempre ripetuto) e adesso vi rimarrà ma con una posizione politicamente marginale perché inserita nella naftalina di una lunga sospensione. Anche nella riunione della segreteria nazionale (che in gergo leghista vuol dire di Lombardia) la richiesta di buttarla fuori dal Carroccio è stata avanzata, ma a difenderla è stato sia il segretario Paolo Grimoldi (che ha suggerito di non creare nuovi nemici all’interno) sia, soprattutto, l’indomabile Umberto Bossi, di cui Paola – come il fratello Marco – è figlioccia da più di vent’anni. Il Senatur la voleva assolta, poi ci ha pensato l’uomo di mediazione Giancarlo Giorgetti a trovare una formula che sapesse abbastanza di punizione esemplare ma che non decretasse la fine di una storia politica che l’esponente bustocca ha sempre rappresentato con fierezza, determinazione e senza mai tradire i valori padani.
Ora solo Matteo Salvini potrà decidere se confermare, scontare o aggravare la pena. In questo avrà mano libera, ma difficilmente perderà tempo e creerà malumori per una faccenda che lo vede distante e che, se il suo intervento cambiasse la sentenza, creerebbe soltanto ulteriori malumori.
In questi dieci mesi dentro il congelatore Paola Reguzzoni sarà allora una sorta di voce libera in consiglio comunale, le sarà vietata l’attività politica interna al gruppo, ragione per la quale i commissari locali Marco Colombo e Andrea Mascetti (arrivati proprio dopo il putiferio dello sgambetto a Farioli) potranno indire le elezioni del nuovo direttivo cittadino, senza che la sua ingombrante presenza, che pure aleggerà, vada a condizionare la strada da prendere. È proprio quello che auspica Matteo Bianchi, segretario provinciale, quando spiega che «di questa vicenda non parlo più, non mi interessa». Semmai «mi interessa che la sezione di Busto ora lavori e volti pagina, riprenda entusiasmo, dimostri di essere finalmente capace di diventare grande. Se ogni volta l’unico discorso d’interesse è Paola di qua e Paola di là, il movimento locale non cresce. Ora quest’alibi non esiste più». O almeno non esiste per dieci mesi.