Zone Economiche Speciali: aree in cui vengono adottate normative finanziarie, economiche e soprattutto fiscali favorevoli alle aziende. Il loro obiettivo è attrarre investitori. Alcune forze politiche nella nostra Regione interpretano le Zes come un mezzo per evitare che le attività situate nei pressi del confine si trasferiscano in Svizzera allo scopo di sfruttare migliori condizioni fiscali. Se ne è riparlato giorni fa alla Camera durante l’approvazione del Decreto legge relativo a interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche nel Mezzogiorno.
La realtà è che intorno alle Zes non mancano confusione e divisioni. Intanto vengono chieste soprattutto per il meridione, perché di solito vengono considerate utili alle aree depresse per colmarne i gap imprenditoriali. Circola anche una proposta di legge che le vorrebbe istituire nelle zone terremotate.
Dalle nostre parti, una proposta di legge di Regione Lombardia guarda ad una striscia larga 20 km che corre lungo il confine con la Svizzera nelle province di Varese, Como e Lecco, sulla quale si trovano oltre 76mila imprese. Un’enormità, soprattutto se si considera che di solito una Zes è piuttosto circoscritta e che, istituita una zona simile, per coerenza andrebbe estesa a tutte le aree di confine! Non solo, sul territorio italiano scatterebbe una concorrenza spietata per le imprese che si trovano a poca distanza dalla Zes. Da noi parliamo delle aziende situate in Comuni a forte densità imprenditoriale come Busto, Gallarate o Saronno. Ad oggi non si sono ancora chiesti l’incardinamento e l’inizio dell’analisi della proposta di legge nella Commissione Finanze, ma fin d’ora c’è da chiedersi dove trovare le coperture: 800 milioni di euro per il primo anno, 1,2 miliardi a regime. Parliamo solo dell’ipotetica Zes lombarda, non del complesso delle Zes eventualmente attivabili in Italia. Infine l’Europa. Il Ministro per la Coesione Territoriale Claudio De Vincenti, nella discussione sul decreto citato all’inizio, ha fatto presente che lì bisogna necessariamente portare la proposta e difficilmente l’Eu, in base alle regole sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato, darebbe il suo benestare. Il Ministro ha però espresso la disponibilità a considerare anche altre situazioni, comprese aree collocate nel nord del Paese. A mio avviso dobbiamo superare gli opportunismi tattici e le polemiche politiche per consolidare un percorso che ci permetta di sottoporre una proposta realistica e credibile al Governo. Sono le associazioni di categoria, con il coordinamento della Camera di Commercio e in dialogo con i rappresentanti delle istituzioni e della politica, a dover fare tutte le valutazioni del caso. Un tavolo tecnico avrebbe il compito di individuare aree circoscritte nelle quali l’attivazione di ZES possa portare giovamento alle imprese senza innescare dinamiche di concorrenza sleale, peraltro su vasta scala. Credo che la riproposizione del Tavolo per la competitività e lo sviluppo già sperimentato dalla Camera di Commercio su altre tematiche possa essere il luogo idoneo per un approfondimento serio ed efficace, dove valutare l’effettiva necessità di Zes e confrontare le diverse visoni delle associazioni. Il criterio per dare una forma a queste aree deve passare da geografico a economico. Così facendo, il tavolo tecnico sarebbe in grado di portare nelle Commissioni parlamentari e sulle scrivanie dei Ministeri, a partire da quella del Ministro per la Coesione Territoriale, una proposta realistica e sostenibile anche di fronte alle istituzioni europee. In questo senso, l’idea di una Zona Economica Speciale anche per zone intorno all’aeroporto di Malpensa potrebbe avere basi ben più solide rispetto ad altre ipotesi.
*Deputato Pd