«Non tagliate la nostra Camera»

La Prealpina - 28/07/2016

Nessuno tocchi le Camere di commercio: il grido d’allarme, alla vigilia della riforma di Renzi, arriva dai sindacati dei dipendenti di Varese e degli altri enti italiani. Nel documento congiunto le Rappresentanze sindacali unitarie non usano mezzi termini: «La riforma delle Camere di Commercio che il Governo vuole chiudere in questi giorni estivi, è un danno per le imprese italiane, per i professionisti e per i lavoratori – si legge -. In un periodo storico-economico in cui è necessario potenziare gli strumenti a supporto del mondo del lavoro, e quindi potenziare le Camere di Commercio, il Governo vuole ridurle a enti burocratici che non saranno più in grado di offrire servizi moderni alle aziende italiane». Per far ripartire il sistema imprenditoriale italiano, «le Camere vanno rafforzate, con servizi nuovi e innovativi, che vadano a sommarsi ai servizi attualmente esistenti».
A Varese i dipendenti di piazza Monte Grappa, contando anche le aziende speciali, sono una novantina. «In teoria gli enti sotto le 75mila imprese non si accorperanno – commenta Giuseppe Alongi delle Rsu varesine -. Ma vogliamo certezze, perché continuano a uscire bozze di decreti, smentite, nuovi documenti. Si parla di rinvii e cambiamenti, c’è molta confusione: in realtà, il governo ha già deciso di passare da 105 a 60 Camere in Italia.

Quindi, qualora non si arrivasse a questa cifra, potrebbero esserci rischi di accorpamento anche per noi». Regna l’incertezza anche sui tagli al personale, «prima negati, poi affermati e di nuovo smentiti – prosegue Alongi -. Noi chiediamo che non ci siano riduzioni di personale, quantificate dalle indiscrezione in un meno 15% per chi non si unisce e in un 25% per chi si accorpa. Non possiamo permetterci di perdere delle funzioni importanti». E quindi l’appello a tutti i parlamentari e alle forze politiche per «modificare subito il decreto di riforma che passerà in Consiglio dei Ministri il 29 luglio (domani, ndr), che non crea altro che disservizi al sistema imprenditoriale. Chiediamo di riscriverlo, focalizzando su innovazione, ampliamento di servizi, mantenimento del personale e delle sedi territoriali».

L’attuale bozza di decreto, invece, sarebbe sostanzialmente identica alla bozza che circolava a gennaio scorso: «Uno schema di riforma penalizzante per ogni soggetto del sistema economico – proseguono le organizzazioni -. Occorre mantenere e rafforzare il personale esistente, occorre mantenere le Unioni Regionali, occorre mantenere le aziende speciali e le sedi secondarie. Gli imprenditori hanno trovato nel sistema camerale (presente in ciascuna provincia e quindi vicino al proprio territorio) e nella professionalità dei suoi lavoratori, competenza, onestà e imparzialità, e apprezzati servizi a titolo gratuito o con un costo molto inferiore a quello di mercato».

Secondo le Rsu, con la riforma sparirebbero molti servizi: certificati d’origine, contributi e finanziamenti alle imprese per fiere o eventi per il sistema turistico, sostegno all’internazionalizzazione, supporto alle pmi per l’accesso al credito, corsi di formazione, organizzazione di convegni e seminari, assistenza per deposito marchi e brevetti, pubblicazione di dati e studi sull’economia locale. «Le Camere di Commercio, quindi, non vanno ridotte, nel numero, nelle sedi, nel personale, nelle funzioni, ma vanno invece potenziate, mantenendo sedi e personale e attribuendo loro servizi nuovi e aggiuntivi rispetto a quelli già esistenti, per farne il fulcro della ripresa economica del Paese».

Enti ridotti da 105 a 60 e incarichi a costo zero

 

Il Governo è a lavoro sul decreto di riforma della dirigenza pubblica, che approda in Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, visto che la delega Madia (il ministro nella foto) scade a fine agosto. L’alternativa sarebbe stata prorogare i termini e rimandare di qualche mese, come è accaduto ad esempio per il taglio delle prefetture e la revisione dei poteri del premier: un pacchetto a cui sono stati concessi due mesi in più.

Per ora comunque i tecnici continuano a ragionare sul testo che dovrà ridisegnare la figura del dirigente pubblico. Una prima bozza è già circolata e le novità non mancherebbero, stando a quel testo chi rimane senza incarico per sei anni e chiude l’ultimo mandato con una bocciatura decade, scatta quindi la licenziabilità. Non solo, per ogni anno che passa ci sarà un taglio del 10% della paga base. Sono poi confermati i punti cardine della riforma: abolizione delle fasce, ruolo unico, possibilità di declassamento a funzionario, entrata per concorso o per corso-concorso, con test successivo per essere inquadrati definitamente come dirigenti.

Resta da capire come sarà affrontato il nodo della valutazione, una questione su cui verte gran parte della riforma della Pubblica Amministrazione, non solo quella della dirigenza. Tanto che era anche emersa l’ipotesi di inserire il riordino nel Testo unico sul pubblico impiego, per cui c’è tempo fino a febbraio.

Lo stesso vale per la razionalizzazione delle Camere di commercio, dato che la scadenza è la stessa: fine agosto. Si tratta di ridurre le Camere da 105 a 60, sancire il costo “zero” per gli incarichi (tutti gratuiti tranne i revisori dei conti) e ridurre le poltrone dei consiglieri. Di certo in Cdm, prima della pausa estiva, arriverà il decreto sulle partecipate, che poi sarà di nuovo all’esame di Camera e Senato per un ultimo giro lampo.