Nessuno può toccare i ristorni

La Prealpina - 21/05/2018

Il Consiglio federale, il Governo svizzero in sostanza, ha dato un parere negativo a due mozioni presentate rispettivamente dai politici ticinesi Lorenzo Quadri e Marco Romano sui ristorni dei frontalieri. Il primo appartiene alla Lega dei Ticinesi, il secondo al Partito Popolare Democratico (Ppd). Il deputato leghista a Berna aveva chiesto al Governo di “protestare” contro l’accordo del 1974 sull’imposizione dei frontalieri, «essendo le aspettative di concluderne uno nuovo e più equo ormai definitivamente sfumate dopo le recenti elezioni italiane».

L’Esecutivo, nel rispondere, ha ammesso che «la situazione politica attuale non consente di fare previsioni riguardo alle ripercussioni sui dossier ancora in sospeso con l’Italia, in particolare in materia fiscale», ribadendo però che «in merito all’imposizione dei lavoratori frontalieri, una soluzione soddisfacente per entrambe le parti contraenti, i Cantoni interessati e le cerchie economiche, è già stata trovata grazie all’accordo parafato nel dicembre del 2015».

Dunque nessuna fuga in avanti da Berna su Roma, anzi, gli stessi ministri svizzeri ritengono che si debba «privilegiare la via del dialogo con l’Italia». Si spingono oltre, arrivando a dire che la firma di un nuovo accordo «è anche nell’interesse della Svizzera». Marco Romano ha chiesto invece al Consiglio federale di «rivedere la strategia dei negoziati bilaterali con l’Italia sulla fiscalità dei frontalieri e sull’accesso al mercato dei servizi finanziari». Secondo il consigliere nazionale del Ppd, «considerato lo scemato interesse per il Ticino riguardo a un nuovo regime fiscale per i frontalieri e gli ostacoli che l’Italia ha introdotto per i servizi finanziari, la Svizzera dovrebbe ora trattare i due temi in modo congiunto». Per lui Berna deve «condizionare la sua firma all’apertura del mercato italiano ai servizi finanziari svizzeri, così come previsto dallo spirito della road map» del 2015. Già, perché il vero ostacolo che ha arenato tutto anche con il Governo Renzi è proprio la richiesta da parte della Svizzera di poter operare servizi bancari, finanziari, anche senza uno sportello fisico in Italia e senza essere assoggettati a questa fiscalmente. Hanno ragione gli svizzeri a dire che questa cosa figurava nel piano stilato nel 2015, mentre indiscrezioni filtrate nei mesi scorsi proprio dall’Esecutivo italiano narravano di frizioni con gruppi bancari e finanziari italiani, timorosi delle ricadute per una scelta del genere. I consiglieri federali, in risposta, hanno detto che «continueranno a cercare soluzioni bilaterali ottimali a favore della propria piazza finanziaria, sia con l’Italia che con altri Stati Ue».

Infine, in un’altra interpellanza, Romano ha chiesto al Consiglio federale di vincolare i ristorni 2018 e 2019 dei frontalieri all’Italia alla realizzazione di opere infrastrutturali di trasporto transfrontaliero come ad esempio parcheggi Park&Rail presso le stazioni italiane della linea ferroviaria Varese-Lugano o altre infrastrutture.

Altra risposta negativa: «L’Italia dice già come spende i ristorni, l’accordo non prevede alcun vincolo giuridico che autorizzerebbe le autorità svizzere ad avere diritto di co-decisione sul modo in cui la compensazione finanziaria viene utilizzata. È dunque compito dell’Italia – precisa il Governo – progettare e finanziarie le proprie infrastrutture».