Il 2017, secondo la Cgia, sarà per l’Italia un anno in chiaroscuro con meno tasse, più lavoro. Però il ritorno ai livelli pre-crisi avverrà solo nel 2024.
Al netto di eventuali manovre correttive, la pressione fiscale è destinata a scendere dello 0,3% (attestandosi così al 42,3%), il Pil dovrebbe aumentare di circa un punto, il numero degli occupati crescere di quasi 112.000 unità e l’esercito di disoccupati scendere di 84.000 persone. A fronte di questi dati positivi, preoccupa, invece, la mole di tempo che sarà necessaria per ritornare ai livelli pre-crisi, cioè ai valori del 2007.
Stando ai dati di contabilità nazionale pubblicati dall’Istat a settembre 2016 e relativi al Pil reale (concatenato al 2010) e alle previsioni di Prometeia sugli scenari delle economie locali di ottobre 2016, dovremmo recuperare l’8,7% di Pil perso tra il 2007 e il 2013 solo nel 2024, vale a dire fra 7 anni. La Cgia segnala che nel 2016 l’economia italiana è precipitata ai livelli del 2000. I consumi delle famiglie, invece, che a causa della crisi sono crollati del 7,6%, li dovremmo riconquistare entro il 2021 e il 28% circa di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032. Preoccupante anche la situazione relativa al mercato del lavoro. Se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1%, le previsioni delle dinamiche occupazionali dell’Istat e di Prometeia stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all’11,5% circa) dovrebbe ritornare al 6% solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l’occupazione pre-crisi nel giro di un paio d’anni (2018-2019).
«Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie, in particolar modo, alla riduzione dell’Ires che interesserà solo le società di capitali e l’occupazione è destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori – dichiara Paolo Zabeo, coordinatore Cgia – la ripresa economica dell’Italia rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media Ue. Se nel 2017, come riportano le ultime previsioni economiche elaborate dalla Commissione europea, il nostro Pil dovrebbe attestarsi attorno all’1%, in Ue, invece, è destinato a toccare l’1,6%. Tra tutti i 28 paesi dell’Ue, solo la Finlandia registrerà quest’anno una crescita più contenuta della nostra».
«A differenza di quanto è successo per buona parte del 2016, – conclude il segretario Renato Mason – speriamo che il Governo Gentiloni torni a discutere e a decidere sui grandi temi: come creare lavoro, quali politiche industriali sviluppare, come affrontare le sfide che l’economia ci pone».