Oggi è un giorno importante per la sanità del Varesotto: in mattinata il governatore lombardo Roberto Maroni e l’assessore al Welfare Giulio Gallera faranno visita agli ospedali di Busto Arsizio e Gallarate.
Nel pomeriggio, il solo Gallera sarà al Circolo di Varese (tappa al Nue, numero unico delle emergenze) e nei nosocomi di Cuasso al Monte e Luino. Occasione eccezionale per fare il punto sull’offerta curativa in provincia, sull’attuazione della riforma sanitaria e, infine, sulle prospettive dei diversi ospedali, da quelli giudicati minori, a rischio ridimensionamento, fonte di preoccupazioni e polemiche, fino alla realizzazione dell’attesa struttura unica del Basso Varesotto. Un solo ospedale per gli utenti del Bustese e del Gallaratese, a cavallo delle due città, così da evitare dispersione di risorse, razionalizzare servizi e prestazioni, favorire le eccellenze. Progetto di cui si parla da anni, che soltanto adesso pare abbia suscitato il concreto interesse della Regione.
Non a caso Maroni e Gallera arrivano al Circolo di Busto e al Sant’Antonio Abate di Gallarate per toccare con mano una doppia realtà, ora unificata in una sola Asst, bisognosa di interventi riqualificanti e di una strategia comune che eviti doppioni e ricucia per quanto possibile il territorio. Un’impresa, non c’è che dire. Un’impresa anche perché nel frattempo i due ospedali continueranno ad operare sotto una sola regia, ma con problematiche forse irrisolvibili per quanto riguarda vetustà e inadeguatezza di molti edifici e carenza di personale. Due vecchi comparti ospedalieri fonte di doppi problemi, a ridosso dei nuovi e moderni ospedali di Varese e Legnano, che minacciano la qualità e la quantità delle prestazioni dei loro dirimpettai.
E allora, Maroni vuole vedere, ascoltare, capire. Ha già fatto sapere che non viene per fare passerella, caso mai per avere conferma di quanto si va dicendo in giro: che così non si può crescere, che specialmente il Sant’Antonio Abate imboccherà presto la via del depotenziamento, anzi, che per bocca di molti operatori è già cominciata. Nessuno lo ammetterà mai ufficialmente (coi tempi che corrono parlare ai giornalisti comporta reazioni pesanti, come è accaduto nei giorni scorsi a un prestigioso direttore dipartimentale del Sacco di Milano che si era permesso di criticare la riforna sanitaria: gli è stata tolta la funzione), molti lo rivelano a denti stretti, sottotraccia, se così possiamo dire, per sfuggire ai possibili quanto inaccettabili rigori di chi comanda. E’ in questo clima che martedì sera un consistente numero di primari si è incontrato con il sindaco di Busto Arsizio, Emanuele Antonelli, esortandolo a convincere Maroni per realizzare il futuro nosocomio unico. Riunione di cui non si sa molto, se non che i medici si sentono penalizzati, persino trascurati, impossibilitati al momento a concretizzare le linee strategiche della riforma sanitaria, ferma al palo.
A Maroni chiedono chiarezza. Sull’ospedale unico, innanzitutto. E sulle risorse necessarie a far funzionare gli attuali ospedali fino al momento del taglio del nastro. Quando, fra cinque, dieci anni? Il progetto deve essere ancora avviato. Dove e come? E con quali denari? Gallarate potrebbe mettere a disposizione le aree a ridosso della Statale 336, terreni gravati da un pesantissimo contenzioso tra Comune e proprietari, attorno ai quali girano interessi milionari. Terreni però al confine con Busto, in una posizione logistica degna di attenzione. Come agire? E, soprattutto, come garantire procedure lineari, che non facciano nascere i soliti sospetti? Preoccupazioni eccessive? Mica tanto. Non meno insistenti delle preoccupazioni sulla gestione dell’esistente, del quale non si sa molto, se non il fatto che il personale è ridotto all’osso. In proposito c’è una dichiarazione pubblica del direttore generale Giuseppe Brazzoli, mai smentita né spiegata nel dettaglio. E se manca personale, come vengono assicurate le prestazioni? Bobo Maroni è il padre della riforma sanitaria. Ed è il governatore della Regione. Su di lui si concentrano molte aspettative. Una sopra le altre: che spieghi fino all’ultima virgola come stanno le cose, per quanto riguarda la volontà politica di mettere mano al futuro e, manco a dirlo, quali sono le vere possibilità economiche e operative di passare dalle intenzioni ai fatti.
Perché, dopo più di quindici anni di dibattito, l’ospedale unico rimane soltanto un sogno. Risposte imprescindibili, eppure meno impellenti di quanto non si sappia ancora su come, nel frattempo, si intenda gestire i due attuali ospedali.