Malpensa vola a settembre (+2,2%) mentre Linate resta a terra (+4,8%), ma c’è ancora tempo per lasciarsi andare a facili ottimismi. Certo la luce si vede in fondo al tunnel, ma per poter dire che lo scalo della brughiera si lascia alle spalle la lunga crisi iniziata con la fuga di Alitalia, bisogna attendere il consuntivo di fine anno e ragionare su quelle che saranno le prospettive 2017. Ad andarci con i piedi di piombo è Massimiliano Serati, direttore del Cerst (centro per lo sviluppo del territorio) della Liuc. «Possiamo dire che ci sono dei buoni segnali – spiega – che però dovranno essere confermati con il consuntivo di fine anno. A quel punto si potrà capire se la direzione intrapresa sia quella giusta. Nel frattempo, possiamo però dire che siamo di fronte a una serie di fattori che ci lasciano ben sperare. Penso alla ripresina economica in atto nei Paesi che alimentano il traffico dello scalo e alla forte crescita di Milano come punto di riferimento europeo per il business e anche per il turismo. E’ chiaro che si tratta di due elementi che giocano a favore di Malpensa».
E infatti i numeri già si vedono. Nei primi nove mesi dell’anno lo scalo della brughiera cresce del 3 per cento, mentre Linate registra un calo dello 0,2%. Ma ci vuole cautela. «Partiamo da Linate – spiega Serati – e mettiamo un punto fermo. Il confronto è fatto con il 2015, anno in cui Expo ha inciso in maniera determinante sul Forlanini, dal momento che i visitatori dell’esposizione universale erano in maggioranza europei. Così quest’anno il crollo si nota nel confronto da maggio in poi. E’ comunque chiaro che Linate ha quasi raggiunto la saturazione di traffico e non ci si può certamente aspettare crescite enormi. Per quanto riguarda Malpensa, invece, dobbiamo dire che il dato è costante e più coerente ed è sicuramente una buona notizia per il nostro territorio e per tutto il Paese».
Certo, la presenza delle low cost ha inciso in maniera determinante. Bastano due numeri per comprenderlo. I voli internazionali dalla brughiera sono aumentati del 3,2% , mentre quelli verso l’Unione Europea (tradizionalmente serviti dalle low cost) hanno messo a segno un + 7,8%. «Nel momento in cui ci troviamo con un aeroporto sotto utilizzato rispetto alle sue potenzialità – sottolinea Serati – ben vengano le low cost che incrementano i flussi di traffico. E’ vero però che se a crescere fosse il traffico intercontinentale avremmo benefici maggiori. Questo perchè chi viene da altri continenti di solito spende di più e si ferma per più giorni, con vantaggi concreti per il nostro territorio. Inoltre garantisce un margine maggiore sia alle compagnie sia al gestore aeroportuale. E i margini è vero che fanno bene a loro, ma è anche vero che possono essere utilizzati per investimenti su nuove rotte e collegamenti. In ogni caso le low cost ci rendono contenti. Speriamo di esserlo ancora di più anche con le altre compagnie».