«È da otto mesi che in Ficep cerchiamo programmatori Plc da assumere e far crescere in azienda, ma ancora non li abbiamo trovati. E non si tratta di un problema economico: da noi, chi accetta di lavorare all’estero può guadagnare anche 70mila euro all’anno con l’indennità di trasferta».
È con queste parole che Barbara Colombo, amministratrice delegata della Ficep di Gazzada Schianno e presidente di Ucimu – l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione -, ci delinea un affresco nitido del fenomeno che sta attraversando il comparto manifatturiero, ossia il
mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Un disequilibrio che cresce con l’aumentare del livello della digitalizzazione di fabbrica, che richiede
figure professionali capaci di operare sui nuovi macchinari. E un grave problema per un territorio, quello del Varesotto, ad alto tasso di stabilimenti e di innovazione.
Ma se persino un’azienda come Ficep, al settimo posto nel ranking del settore delle macchine
utensili e con 450 dipendenti all’attivo, ha difficoltà a trovare nuova forza lavoro, come stanno
affrontando questa complessità le realtà più piccole?
«Per agevolare le imprese del territorio, come Ficep stiamo cercando di pensare sempre più in ottica di filiera. Normalmente, la dimensione media di una realtà che produce macchine utensili è di 70 dipendenti circa – ci spiega Barbara Colombo -. Un’azienda “fuori misura” come la nostra crea un effetto di trascinamento importante per le altre con cui lavoriamo.
Non solo rispetto alle logiche di digital transformation e lean manufacturing, ma anche di determinate caratteristiche a livello di qualità e sostenibilità. Inoltre le imprese della provincia, che sono per la maggior parte pmi, tramite Ficep riescono a raggiungere anche il mercato estero, dal momento che esportiamo il 90% circa della produzione».
Ma le imprese, anche le più virtuose, da sole non possono affrontare il problema della mancanza di personale adeguato per le nuove esigenze di fabbrica. È necessario creare un ecosistema composto da imprese e scuole, in cui le prime indicano alle seconde quali sono le abilità di cui necessitano: solo in questo modo sarà possibile colmare il divario tra domanda e offerta.
«Da tempo collaboriamo con gli istituti tecnici del territorio, come il Ponti di Gallarate o il Keynes di Gazzada – conclude Colombo -. È questo il percorso giusto: crea valore e competenze».