Il futuro è «a chilometro zero». Eppure l’orizzonte degli studenti dell’università dell’Insubria è internazionale. Non è una contraddizione: imprese e ateneo, studenti che trovano lavoro vicino a casa, docenti che con le loro ricerche danno valore aggiunto ai risultati di fabbriche, imprese e servizi. Non è più un auspicio, è una realtà. Così come il ponte che dall’Insubria è stato gettato in ogni parte del mondo, con ricercatori che vanno all’estero e altri che vengono qui. A Varese e a Como, nell’università bipolare che ieri, proprio nella città lariana, ha inaugurato l’anno accademico. Ateneo radicato sul territorio eppure con un respiro realmente internazionale. Sono stati questi i capisaldi del discorso di inaugurazione dell’anno accademico del rettore. Alberto Coen Porisini ha parlato dal Chiostro di Sant’Abbondio a Como e ha parlato a tutto l’ateneo: chi non era presente nella sala, era collegato in streaming. «Abbiamo un tasso di occupazione dei nostri laureati a un anno dal conseguimento del titolo tra i più alti d’Italia, grazie alla vitalità del nostro tessuto produttivo – ha detto Alberto Ceon Porsini -. La riprova è data anche dal successo di alcuni corsi di laurea triennali e magistrali particolarmente vicini alle aziende del nostro territorio, in altre parole ci diamo da fare, insieme alle imprese, per avvicinare il più possibile il mondo della formazione universitaria al mondo del lavoro». Un record, quello dell’università dell’Insubria, sul fronte delle immatricolazione, con il superamento di quota diecimila iscritti: si è tornati «ai livelli antecedenti all’applicazione della legge 270/2004 e il dato è particolarmente confortante anche perché il numero degli iscritti in posizione regolare è in aumento e supera ormai il 75 per cento».
Sul legame tra ateneo, territorio e lavoro ha incentrato il suo discorso anche il prorettore Giuseppe Colangelo. «Lavoriamo anzitutto a beneficio del sistema imprenditoriale del territorio: i nostri migliori laureati non devono andare lontano a lavorare, vengono assunti “a chilometro zero” appena laureati dalle aziende che operano vicino all’università». Così è per esempio «a Como, dove nei migliori alberghi del territorio e del lago lavorano parecchi nostri laureati in Scienze del Turismo – prosegue il professor Colangelo – ed è così anche nelle aziende tessili e chimiche, ma anche a Varese, per esempio nelle materie economiche e ovviamente in quelle sanitarie». Dal territorio l’università ottiene «la propria materia prima – ha detto il rappresentate degli studenti Lorenzo Santambrogio – gli studenti, una volta ultimato il loro percorso, al territorio ritornano». Radicamento nel territorio ma anche progetti di internazionalizzazione «cui il nostro ateneo aderisce, primo tra tutti Erasmus+, il piano di mobilità dell’Unione Europea».
Il rettore ha ricordato che «il ruolo di un ateneo moderno è quello di avere un orizzonte internazionale». Per consolidarlo, l’Insubria «investe sempre più risorse nei programmi di interscambio». E infatti in questi anni «abbiamo triplicato le risorse disponibili per l’internazionalizzazione», ha sottolineato Coen Porisini «e dal prossimo anno accademico avremo sette lauree magistrali su undici che prevedono il rilascio di un doppio titolo grazie ad accordi con prestigiose università europee». Nonostante l’Itala sia «il fanalino di coda per investimenti in formazione e ricerca, con l’investimento dell’1,33 per cento del Pil nel 2015 contro una media europea del 2,03», l’Insubria ha investito e parecchio «grazie a una capacità di autofinanziamento dovuta in larga misura alle performance dell’ateneo in termini di qualità della ricerca e all’aumento del numero degli studenti che ha portato risultati positivi nella contribuzione». Le risorse investite sul fronte dei dottorati di ricerca sono raddoppiate e oggi sono di cerca tre milioni di euro l’anno. «Tutto questo perché crediamo nei nostri giovani – conclude il rettore – e abbiamo il dovere di essere in controtendenza rispetto al disinteresse mostrato a livello nazionale».