«L’economia del Canton Ticino è strettamente interconnessa a quella lombarda e ne ha tratto giovamento per decenni. Sarebbe bello volare più alto: non limitiamoci a vedere la contingenza di questi ultimi anni, nei quali l’economia italiana non è ancora uscita dalla crisi iniziata nel 2008. Vi è un interesse reciproco a sfruttare le sinergie di una maggiore apertura economica. La presenza dei frontalieri risponde evidentemente a una richiesta del tessuto economico ticinese e va vista anche come un arricchimento. Eventuali effetti collaterali, che possono verificarsi, devono essere regolati nel quadro del dialogo bilaterale fra Italia e Svizzera, e da parte nostra c’è sicuramente la volontà di risolvere le questioni. Iniziative come “Prima i nostri” non ci sembrano andare nella giusta direzione, anche con riguardo al negoziato fra Berna e Bruxelles». Canton Ticino e frontiera sono al centro dell’intervista di Marco Del Panta Ridolfi, ambasciatore d’Italia in Svizzera dal gennaio 2016, pubblicata dall’ultimo numero de “La Svizzera”, il magazine della Camera di commercio Svizzera in Italia.
Del Palta Ridolfi ha affrontato parecchi temi legati alle questioni legate al rapporto, ultimamente complicato, fra i due Paesi. «Tra nazioni amiche e confinanti», aggiunge, «è normale che vi siano piccole divergenze. Mi pare che le incomprensioni siano davvero molto poche, e nessuna a livello di capitali. Due grandi nazioni come Italia e Svizzera sono strettamente unite e hanno un cospicuo fascio di relazioni politiche, economiche, commerciali e culturali che si sviluppano quasi in automatico. Vi sono poi questioni a livello locale sulle quali abbiamo un dialogo aperto. Mi pare naturale fra due Paesi che condividono 740 chilometri di confini».
Di certo la Svizzera resta un partner commerciale privilegiato: «Abbiamo un interscambio», spiega il diplomatico, «che nel 2015 ha raggiunto i 33 miliardi di franchi, con un saldo positivo di 3,9 miliardi di franchi per noi, che ci rendono il terzo partner commerciale della Svizzera, mentre per noi la Confederazione rappresenta il settimo mercato di esportazione. Basterà un dato: il solo rapporto commerciale con la Lombardia supera quello che Berna intrattiene con la Cina. E per noi la Svizzera ha quasi la stessa importanza commerciale del gigante asiatico. Si tratta inoltre di relazioni che si sviluppano praticamente in tutti i settori merceologici». Nelle relazioni tra i due Paesi restano però da definire o concludere due capitoli sostanziosi, quello dell’accesso al mercato italiano dei servizi finanziari da parte delle banche svizzere e quello dell’imposizione fiscale per i frontalieri italiani. «Sul primo aspetto», illustra Del Palta Ridolfi, «posso dire che la competenza è dell’Unione europea. Non è una risposta di comodo. Si tratta di porre la questione sotto un angolo visuale più ampio di quello delle relazioni bilaterali. La seconda questione attiene invece prima di tutto alle relazioni bilaterali. Come noto, c’è un accordo che è stato parafato (sottoscritto in via preliminare, ndr) e che ci auguriamo possa essere firmato il prima possibile. Anche questo però dipende dall’andamento del negoziato fra Berna e Bruxelles».