Il basso livello del lago di Varese, a causa della mancanza di precipitazioni, porta con sé grande preoccupazione, ma permette anche di far emergere pagine di storia che è curioso riscoprire.
Cercavano di accaparrarsi il loro sassone le donne che andavano sulla riva per lavare i loro panni. Non bastavano le assi che, come testimoniano gli anelli ancora esistenti nella zona del trampolino, venivano legate a una catena. «Quindi lavavano a turno», spiega Mauro Zanetti della celebre famiglia di pescatori, per il quale il lago è la vita. È attentissimo ad ogni minima variazione che documenta fotograficamente. E l’emersione dei sassoni – che tutti possono vedere sott’acqua, quando la portata idrica del lago è normale, mentre percorrono la pista ciclopedonale tra l’attracco per l’isolino e il trampolino – è una testimonianza da documentare: quello, nell’epoca preindustriale, era un centro di aggregazione ed è come se fosse stata la redazione del nostro giornale per il territorio di Biandronno. Mentre le donne lavavano in ginocchio, si scambiavano le notizie. Chi arrivava ne portava di nuove. Si litigava per la pioda migliore, si discuteva e si arrivava alla mattina presto per avere l’acqua più pulita e fresca. Una vita inimmaginabile oggi. Come è inimmaginabile pensare che nell’ansa del lago tra la cascina Camilla (una costruzione caratteristica, edificata per il deposito attrezzi dal duca Litta il quale le diede il nome della moglie) e l’isolino Virginia sotto l’acqua ci siano molti e grandi massi erratici portati dalle glaciazioni. Dei pali contrassegnano la loro presenza. Nell’agosto dell’anno scorso, quando il livello del lago era sotto di 75 centimetri, era fuoriuscita la punta di quello ben conosciuto dagli anziani e dai loro avi: per lui avevano coniato il detto “Quando mi vedrai, piangerai”, a voler testimoniare che la sua comparsa è sinonimo di penuria d’acqua, di miseria. Ora la punta è a pelo d’acqua, considerato che il lago è sotto di mezzo metro.
Il basso livello rivela anche sorprese archeologiche: accanto alla riva di Bardello verso l’incile del fiume, sul fondo, coperto da mucillagine, è emersa la parte superiore di un palo della palafitta conosciuta come Ranchet, dal nome del suo scopritore, parroco di Cassinetta di Biandronno, che la studiò nel 1863. La ritenne piccola ma interessante, e vi trovò un’ingente quantità di ossa di bue. Sono stati inoltre individuati i segnali inchiodati a pali sommersi posti, durante il posizionamento dell’impianto di depurazione del lago tra il 1999 e il 2000, dagli archeologi coordinati dall’ispettore Paolo Baretti.