La Sanità tra slanci e confusione

La Prealpina - 31/07/2016

VINCENZO CORONETTI

La fusione delle due ex aziende ospedaliere di Busto Arsizio e Gallarate nell’Asst della Valle Olona (nome improprio: la Valle Olona rappresenta soltanto una parte del territorio di competenza) ha rilanciato il progetto di un ospedale unico a cavallo tra le due città. Vecchia idea che Giovanni Rania, già direttore generale dell’Ao gallaratese, buttò lì da queste colonne una decina di anni fa, o forse più, nella consapevolezza che solo l’aggregazione strutturale dei due nosocomi avrebbe risolto i problemi di gestione e, quindi, di razionalizzazione delle risorse delle due realtà dirimpettaie, problemi che fin d’allora si manifestavano in tutta la loro evidenza. Ora, al prezzo di tante chiacchiere, mille promesse, beghe di campanile e soluzioni improduttive, il dibattito attorno all’ospedale unico ha ripreso vigore per merito dei neo sindaci Emanuele Antonelli e Andrea Cassani, a capo degli esecutivi di Busto e Gallarate. I due primi cittadini, superando lo stucchevole e inutile bla bla di questi anni, hanno scritto una missiva a Roberto Maroni, governatore lombardo. Poche righe per dire ciò che i loro predecessori non hanno saputo dire: la Regione si metta di buzzo buono e realizzi questo benedetto nosocomio. Una necessità, certo.

Per motivi pratici, di efficacia e efficienza dell’offerta sanitaria territoriale; e per questioni, diciamo così, di concorrenza con le nuove e moderne strutture ospedaliere delle vicine Varese e Legnano. Insomma, se il Circolo bustese e il gallaratese Sant’Antonio Abate non vogliono finire depotenziati, si uniscano. Maroni, pronto a raccogliere l’istanza, ha subito avuto modo di rispondere che il progetto interessa alla Regione, che il luogo adeguato alla bisogna potrebbe corrispondere con MalpensaFiere, che Antonelli e Cassani hanno ragione, che, insomma, bisogna darsi da fare. Tutto risolto, dunque? Per il momento siamo semplicemente alle dichiarazioni d’intenti. Come del resto è accaduto in passato. La pratica va ancora istruita. Da superare ci sono ostacoli pesanti, non proprio da gita turistica. Il primo: servono perlomeno 200 milioni di euro, cifra stimata per difetto. E di questi tempi trovare finanziamenti pubblici è un’impresa. Il secondo ostacolo: dove realizzare l’edificio? Maroni individua MalpensaFiere, ma ci sembra più che altro un’indicazione a caldo, che non definisce la faccenda. Lì c’è il centro espositivo della Camera di Commercio: che fine farà tutta quella colata di cemento? Il terzo: un nuovo ospedale libererà migliaia di metri quadrati e cubi degli attuali ospedali: come potranno essere riconvertiti? Quali appetiti stimoleranno? Quali sono le questioni burocratiche e urbanistiche che bisognerà superare? Domande che non possono più ricevere risposte a capocchia, per mera propaganda: la faccenda va approfondita nel suo complesso, con tutte le complicazioni che ne deriveranno. Importante che ci sia comunque la volontà politica di procedere sulla strada dell’ospedale unico. E questo è già un passo avanti.

Nel frattempo vanno governati i due storici ospedali, patrimonio collettivo, che degradano strutturalmente di anno in anno e per riqualificare i quali sono di recente stati stanziati parecchi milioni di euro e altri ne dovranno essere stanziati. Qual è la logica che sottende la pratica del rattoppo? Di più, in una intervista sulla Prealpina a firma Angela Grassi, l’attuale direttore generale dell’Asst, Giuseppe Brazzoli, dichiara che all’organico del Sant’Antonio Abate mancano una quarantina di medici e sessanta infermieri.

Delle due l’una: o il personale in forze sta gettando sangue per garantire i servizi, o le prestazioni sono necessariamente ridotte. Qual è invece il quadro occupazionale a Busto Arsizio e Saronno? E qual è il futuro del Bellini di Somma Lombardo, che ricade sotto le competenze dell’Asst della Valle Olona? Insomma, in attesa che si posi la prima pietra, come si intende gestire l’intera partita sanitaria di Gallaratese e Bustese, alla luce degli accorpamenti in atto tra i due ospedali e, quindi, della razionalizzazione che prevede la cancellazione di diversi reparti doppi e dei relativi primariati?

Qualcuno dovrà pur tranquillizzare l’opinione pubblica che, sarà pur vero come spiegano sindaci e direttore generale ad Angela Grassi, non sta protestando. Ma che rischia di non capire più nulla tra progetti, proposte, lettere, boutade e quant’altro. Fino ad avere la sensazione che si stia parlando di una cosa per non parlare d’altro, cioè le contingenti difficoltà gestionali. E che tanto vale rassegnarsi alla confusione.