Inverno secco, primavera secca: la mancanza di pioggia, ormai cronica a Varese come in tutto il Nord Italia, rischia di mettere a dura prova il territorio. Come se non bastasse, anche il vento violento di questi giorni ci ha messo lo zampino e ora è allarme.
I campi hanno sete e in quota non c’è abbastanza neve per sperare nell’apporto dopo lo scioglimento. Senza contare che in questi casi aumenta a dismisura il rischio di incendi nelle zone boschive. Insomma, ce n’è abbastanza per preoccuparsi, come sottolinea il meteorologo del Centro Geofisico Prealpino Paolo Valisa: «Il favonio che spazza la nostra zona non fa altro che peggiorare una situazione già abbastanza pesante. Ad aprile abbiamo visto solo pochi giorni piovosi e la siccità è ormai evidente: in questi mesi è caduto appena il 50 per cento delle piogge previste solitamente, con una concentrazione prevalente a febbraio. Marzo è lievemente sotto la media con 94 millimetri contro i 107 previsti. Ora riponiamo molte aspettative fino a maggio, il periodo tipico delle precipitazioni primaverili».
Dunque manca all’appello metà dell’acqua che la terra dovrebbe “bere” nella stagione: contando l’inizio dell’anno meteorologico dal primo dicembre, fino a fine marzo manca il 30 per cento della pioggia, pur con la speranza che il trend possa invertirsi da ora a maggio. C’è da dire, però, che almeno fino a metà della prossima settimana non si prevedono nuvole, anzi.
«Almeno secondo i nostri modelli fino a lunedì ci sarà sempre sole, ma anche nei giorni successivi – precisa l’esperto -. E poi, forse da mercoledì o giovedì, potrebbero arrivare dei temporali, ma è ancora presto per esserne sicuri».
Raffiche, danni e disagi a parte, queste giornate all’insegna del cielo azzurro stanno regalando splendide occasioni di godersi il territorio, ma purtroppo c’è anche il rovescio della medaglia.
«La siccità è dannosissima – aggiunge Roberto Cenci, esperto ambientale varesino già ricercatore del Ccr di Ispra -. In questi mesi le quantità d’acqua stanno drasticamente diminuendo e devono essere utilizzate per l’agricoltura e la produzione di energia elettrica. Fra qualche settimana ci potrebbero essere crisi idriche anche nei nostri bacini, perché sulle montagne non c’è neve e quindi non ci sarà lo scioglimento che di solito porta acqua nei fiumi e nei laghi. Le falde si stanno asciugando e il vento ha peggiorato la situazione. Anche se abbiamo la sensazione di freddo causata dalle forte raffiche, in realtà il favonio ha mantenuto la temperatura alta, intorno ai 15 gradi. In altre parole ci troviamo ancora in una situazione mite, relativamente calda. In questo momento, dunque, l’acqua continua a evaporare e c’è maggiore dispersione».
«Mais e miele di acacia già a rischio»
Ancora una settimana e l’agricoltura potrebbe subire seri danni da siccità, anche nel Varesotto: la conferma arriva dalle associazioni di categoria che guardano con una certa preoccupazione alla mancanza cronica di acqua. «Anche il vento secco di questi giorni ha accentuato il problema – premette Fernando Fiori, presidente della Coldiretti -. Se questa situazione dovesse durare anche la prossima settimana o nei prossimi dieci giorni, inizieremmo a vedere le prime conseguenze sul miele di acacia e sul mais. In quest’ultimo caso, se non dovesse piovere dovrebbe ripartire la semina. Senza contare che con queste premesse rischiamo un’estate calda e asciutta, simile a quella del 2003. Anche in quel caso, infatti, si era partiti da una primavera uguale a quella che stiamo vivendo. Anche i fiumi sono in secca e i laghi potrebbero soffrire visto che a breve partirà la semina del riso».
Un momento difficile dunque per il settore primario: «Venendo anche da un autunno-inverno siccitoso, orzo e frumento, che costituiscono i foraggi per gli animali, sono in scarsa quantità – aggiunge il neo presidente di Confagricoltura Giacomo Brusa -. Stesso problema sui prati: tra poco ci sarà il primo taglio e avremo poca massa vegetale. Il mais, già piantato in alcuni casi, rischia di non germinare e c’è il problema serio degli apicoltori: le robinie, con il caldo anticipato, sono fiorite ma ora sono minacciate dalla mancanza di acqua, dal vento che distrugge i grappoli e dal brusco abbassamento delle temperature con possibili brinate. Un cocktail micidiale che minaccia l’annata del nostro miele: per assurdo, se adesso dovesse davvero piovere, ci sarebbe un ulteriore tassello negativo perché sarebbe tardi e darebbe il colpo di grazia. Avrebbe dovuto piovere prima, per poi consentire di avere una fioritura ricca e ideale per le api».
Insomma, il quadro non è certo rassicurante, anche pensando al florovivaismo: «I vivai sono irrigati artificialmente ma il vento ha creato molti danni – conclude Brusa -. Le piante cadono o si asciugano e poi costringono all’irrigazione manuale».