La «guerra» dell’Apollo 11 Il cocktail va in tribunale

Corriere della Sera - 26/05/2016

N egroni, Bellini, Americano e Spritz. Prendete la lista degli aperitivi preferiti in Italia e aggiungete un nome: l’Apollo rosa. Una cocktail made in Varese, che ha una storia curiosa, ma soprattutto che sta suscitando una guerra giudiziaria tra due locali. Già, perché l’Apollo rosa sta a Varese, come lo Spritz a Padova, o il Pirlo a Brescia: è il simbolo di un certo modo di bere, un po’ borghesotto, diciamolo pure, ma gustoso; con il bicchiere riempito, sì, ma solo fino a un certo punto. È stato inventato la notte dell’allunaggio 1969, mentre la navicella Apollo 11 toccava terra, dalla famiglia Pirola, titolari di un tipico bar pasticceria nel centro storico della cittadina lombarda. Oggi la storia va così: i creatori del cocktail accusano, con i propri avvocati, un bar concorrente di avergli copiato la ricetta. Una piccola vicenda di provincia, che nasce da un fatto storico: nel 2008 l’aperitivo rosino è divenuto un marchio registrato. Due anni di studi, perfezionamenti, consulenze giuridiche e di marketing. È stato così che l’Apollo 11 è uscito dai confini dalla città e che ora viene venduto anche in altre parti d’Italia. Non ha la fama del Bellini o dello Spritz, ma ha il suo giro, diciamo così.

Lo scontro tra i due bar, comunque, nasce tutto nella centralissima via Del Cairo. Il cocktail rosa, fino a ieri, era stato venduto in bottiglia solo dal bar pasticceria che l’ha inventato. Alcuni locali della città, per tradizione, lo servono solo in mescita, e lo chiamano semplicemente «Apollo Rosa». La circostanza non ha mai dato fastidio ai Pirola, perché in fondo l’Apollo si era diffuso in città grazie ad alcuni ex baristi dello stesso locale che, una volta passati ad altro padrone, magari spifferavano la ricetta, o la reinventavano, con una versione riveduta e corretta. Il caso è scoppiato ad aprile, quando un vecchio baretto chiamato «Il Cuba», che produceva una versione molto «popolare» dell’Apollo rosa — e lo faceva pagare a metà prezzo — è stato venduto dalla famiglia Pedrini a Piero Galparoli, imprenditore molto noto aVarese, consigliere comunale ed assessore di Forza Italia, vicepresidente del Varese Calcio, candidato alle elezioni comunali.

«Io ho acquistato la licenza del bar Cuba che comprendeva anche una ricetta dell’apollo rosa — spiega Galparoli — è stato proprio per non creare problemi di concorrenza che ho deciso di cambiargli il nome. L’ho ribattezzato Galpa Pink».

I signori Pirola, gente all’antica, di un certo understatement, non fanno dichiarazioni, ma in tribunale si sono detti di tutt’altro avviso: «Il problema non è che il cocktail Galpa Pink venga venduto dentro il bar — osserva l’avvocato Alessandra Majorana che tutela chi ha fatto causa — ma che venga commercializzato nelle bottiglie come prodotto anche in altri contesti. È concorrenza sleale. Il Galpa ha lo stesso colore, ingredienti simili, e si fregia della posizione di marchio creata dall’Apollo 11 di cui ne è una versione sostanzialmente contraffatta». Il politico barista ritiene, da par suo, che produrre un cocktail di colore rosa non uguale, ma ispirato all’Apollo 11, sia lecito perché ormai quell’aperitivo sia stato volgarizzato dall’uso comune. Sarebbe divenuto, in pratica, un «generico». La prima udienza si è tenuta al tribunale civile di Milano, sezione giustizia delle imprese, due giorni fa. Pirola vuole un provvedimento d’urgenza che blocchi la commercializzazione del Galpa. Il giudice tornerà in aula il 14 giugno. Nel frattempo è stata chiesta alle due parti una mediazione per arrivare a un compromesso. Si metteranno al tavolo. Ognuno col suo cocktail rosa stretto in mano.