La Città Malpensa destinata a rimanere solo un sogno?

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C’è un candidato a sindaco di Gallarate, il civico Roberto Borgo, che vorrebbe elevare il dibattito pre elettorale, indirizzandolo su temi più generali, di ampio respiro, che non trattino questioni amministrative circoscritte, come le buche nelle strade o la manutenzione degli edifici pubblici. Naturalmente predica nel deserto: non siamo ancora pronti per uscire dall’orticello di casa e spingerci oltre i confini dell’ordinario. Con molta probabilità, Borgo non vincerà le elezioni, ma perlomeno ha provato a cambiare passo. Allo stesso modo di un ex sindaco, il sommese Guido Colombo, che pur non correndo per la massima carica di Somma Lombardo, che ha già ricoperto per due mandati, propone un progetto avveniristico, anche se non del tutto nuovo: la Città di Malpensa. In soldoni, si tratta di riunire i paesi che fanno corona all’aeroporto in un unico Comune. O, in subordine, per dirla come la direbbe un avvocato nelle conclusioni di una requisitoria, si tratta di avviare le stesse realtà municipali ad aderire alla Città Metropolitana di Milano. Un’idea o, meglio, un’utopia che, per paradosso, ha fondamenta.

Non possiede ancora gambe per camminare, ma rappresenta una suggestione accattivante per quei Comuni che, nel bene o nel male, fanno i conti con l’indotto dell’aeroporto. Il momento è favorevolissimo per cercare la grande svolta istituzionale del territorio interessato: poco meno di una decina di centri contigui tra loro, oggi ricongiunti nell’improduttivo e malmesso Cuv (Consorzio urbanistico volontario) che dovrebbe gestire l’impatto ambientale, sociale ed economico di Malpensa, ma che sinora ha gestito liti, polemiche, distinguo, indeterminatezze, primogeniture. Comuni che, se mai ne fossero convinti, hanno l’occasione unica per sfruttare la riforma in atto degli enti locali.

Esiste infatti la possibilità concessa dalla norma di realizzare aggregazioni o fusioni che dir si voglia, presentandosi uniti nelle sedi decisionali. Insomma, se è vero che l’unione fa la forza, un Comune di 80mila abitanti, quanti sono i residenti coinvolti dal progetto di Colombo, pari alle popolazioni di Varese o Busto Arsizio, potrebbe alzare la voce e, soprattutto, farsi ascoltare. Perché sinora, pur urlando a squarciagola, addirittura berciando, nessuno ha sentito davvero. Al massimo, qualcuno ha fatto finta di sentire.

E le ragioni sono molteplici, a cominciare dalla difesa del campanile a discapito degli interessi collettivi. Così che coloro i quali avrebbero dovuto raccogliere le istanze del territorio hanno giocato a loro piacimento grazie alle divisioni degli interlocutori. Vero, concessioni ai Comuni ne sono state fatte, ma domandiamoci se quanto corrisposto per la presenza di Malpensa, perlomeno sui versanti ambientali e della qualità della vita, sia equo rispetto alla mole delle rinunce e dei problemi da affrontare e risolvere. Vecchio refrain, mai superato dalla crescita veloce dello scalo, dalle infrastrutture realizzate, dalle prospettive per il futuro, dalle esigenze di un aeroporto obbligato a stare al passo con i tempi. Certo, l’economia della zona ne ha tratto giovamento.

Intanto i paesi del cosiddetto sedime aeroportuale non riescono nemmeno a incassare la tassa d’imbarco, istituita apposta per pagare il disagio. Sulla Città di Malpensa hanno pontificato in molti. Nessuno di loro era un visionario, come non lo è Guido Colombo. A differenza del passato, oggi ci sono tutte le corsie preferenziali di legge per aderire a uno schema territoriale innovativo e produttivo sotto mille aspetti. La porta aperta della Città Metropolitana è un’alternativa importante alla fusione: si entrerebbe a far parte di un ente che su Malpensa ha molto più di una semplice competenza. La strada è però lunga e piena di ostacoli. Mancano la volontà politica e la capacità della classe dirigente di darle sbocco in qualcosa di meno aleatorio e virtuale di un’idea. La sensazione è che non si riuscirà a realizzare granché in termini di innovazione istituzionale, che ciascuno continuerà a camminare per conto proprio, cercando di massimizzare i benefici nella speranza che siano maggiori rispetto al Comune dirimpettaio. Tutti però non smetteranno di predicare l’urgenza del ‘fare squadra’, indifferenti al fatto che senza uno scatto culturale e politico finiranno sempre per subire Malpensa. Come è spesso accaduto sinora a discapito delle popolazioni, evidentemente.