L’economia britannica sta annaspando ed è “sempre più chiaro che il calo del valore della sterlina dopo il referendum sull’Unione Europea ha fatto più male che bene”; lo sostiene un nuovo report della Camera di commercio britannica (BCC) pubblicato l’8 settembre.
La svalutazione della sterlina è stata accompagnata da inflazione dei prezzi dei generi alimentari e un incremento del costo della vita; esistono poche evidenze che gli effetti economici negativi siano stati controbilanciati da un incremento delle esportazioni.
Insieme alla sua analisi dell’impatto del deprezzamento della valuta sulla Gran Bretagna, la BCC ha diffuso le sue ultime previsioni di crescita per l’economia del Paese. L’ente in realtà ha rivisto lievemente al rialzo la sua stima per il 2017, dall’1,5% all’1,6%, ma ha ridotto quelle per il 2018 e il 2019, rispettivamente dall’1,3% all’1,2% e dall’1,5% all’1,4%.
“Mentre alcune aziende beneficeranno di condizioni commerciali positive, l’economia britannica nel complesso sta annaspando e non si vedono all’orizzonte segnali di un ritorno a livelli di crescita più salutari”, ha dichiarato il direttore generale della BCC Adam Marshall. L’ente rappresenta aziende che operano in tutti i settori e in ogni parte del Regno Unito.
“È sempre più chiaro che il calo del valore della sterlina dopo il referendum sull’Unione Europea ha fatto più male che bene”, ha affermato Suren Thiru, direttore economico dell’ente, in un comunicato.
“L’inflazione è trainata dal significativo incremento dei costi delle materie prime di importazione nell’ultimo anno, e si prevede che continui a frenare la spesa al consumo nel breve periodo; la previsione è che i salari non aumentino più rapidamente dei prezzi fino al 2019”.
Le parole di Thiru richiamano la causa principale del rallentamento che ha colpito l’economia britannica nei quindici mesi trascorsi dal referendum: il fatto che la svalutazione della sterlina ha spinto i prezzi al rialzo, prosciugando le finanze del cittadino britannico medio e intaccando la spesa al consumo.
La propensione al consumo del consumatore britannico, che è stata per molto tempo il motore dell’economia del Paese, inizia oggi a incespicare mentre l’abbinamento tra inflazione in rialzo e ristagno dei salari strangola l’economia, facendo lievitare il costo della vita più rapidamente della media dei pacchetti retributivi.
È ampiamente diffusa l’opinione che sia stato il rallentamento della spesa al consumo e dei consumi complessivi delle famiglie a far decelerare l’economia britannica quest’anno, facendo scivolare il Regno Unito agli ultimi posti tra le principali economie in termini di crescita del PIL.
“Il fattore principale a cui noi imputiamo l’indebolimento della crescita nel Regno Unito quest’anno è il rallentamento dei consumi delle famiglie”, ha scritto Oliver Harvey di Deutsche Bank la scorsa settimana in un messaggio ai clienti.
Il report della BCC sembra in linea con un’analisi della società di ricerca Pantheon Macroeconomics diffusa a fine agosto, in base a cui il deprezzamento della valuta britannica dopo il voto non avrebbe dato una spinta significativa al commercio internazionale, come è sempre successo storicamente nei periodi di svalutazione della sterlina.
“La nostra previsione è che il contributo degli scambi netti alla crescita del PIL nel Regno Unito sia inferiore a quello da noi previsto in precedenza, poiché riscontriamo poche evidenze del fatto che il deprezzamento della sterlina stia rafforzando concretamente la posizione esterna del Paese”, scrive Thiru della BCC.
“Mentre le prospettive per le aziende britanniche dedite all’export indicano una crescita modesta, si prevede che le importazioni aumentino più rapidamente di quanto non avessimo previsto in precedenza, poiché esistono poche evidenze che i consumatori o le aziende stiano abbandonando prodotti di importazione a favore di alternative domestiche malgrado siano sempre più cari.”