Inverno troppo lungo Anche le api a rischio

La Prealpina - 03/04/2018

Api, fiori e prati: tutti in attesa che finalmente faccia un po’ più caldo e il ciclo naturale abbia il suo compimento. Una questione economica, non certo “filosofica”.

La speranza di chi lavora nei campi è che ora la primavera sia davvero arrivata: lo dice il calendario, non ancora il termometro. Perché i due giorni di bel tempo appena archiviati nelle feste pasquali dopo tanta pioggia non devono trarre in inganno. È previsto persino un nuovo peggioramento e il settore primario guarda a questo cielo altalenante con una certa preoccupazione: «Aspettiamo tutti la primavera che è in netto ritardo, l’inverno prolungato sta dando fastidio, non c’è ambito senza difficoltà per la situazione meteo – ammette il presidente di Confagricoltura Varese Giacomo Brusa, che si avvicina al momento dell’assemblea annuale di domenica prossima alle Ville Ponti -. Il problema principale riguarda le temperature basse: il florovivaismo è ai nastri di partenza, in attesa di poter cominciare svuotando le serre, ma non è ancora possibile.

Grandi aspettative riguardano anche i produttori apistici che, dopo tre annate di pesante calo per la produzione di miele, sperano ora in una stagione positiva per riprendersi. Insomma siamo tutti fermi in attesa del tepore. Le condizioni non sono ottimali nemmeno per il primo taglio dei prati a maggio. Con tutta l’acqua e la neve cadute d’inverno, però, si attende di arrivare in maniera veloce ai 12-13 gradi stabili».

Nonostante le difficoltà, comunque, è stato un periodo positivo per Brusa, che festeggia proprio il primo anno nei panni di presidente. «Mentre altri settori hanno perso posti di lavoro dal periodo della crisi, dal 2009 a oggi, in provincia di Varese l’agricoltura ha mantenuto la sua forza lavoro, riuscendo anzi a incrementarla lievemente – prosegue -. Dobbiamo ricordare, tra l’altro, che parliamo di un mondo che rappresenta appena l’1,2% dell’economia locale, ma che ha saputo difendersi da diversi attacchi, al contrario di altri settori come il tessile. Le giornate di lavoro agricolo, sempre nel Varesotto, erano 303.000 nel 2006 e sono passate a 334.000 nel 2016. Segno di un settore che è cresciuto mantenendo gli addetti nel territorio».

Quindi i campi sono ancora un buon investimento per il futuro anche per i giovani? «Di sicuro ci sono tanti spazi per esprimersi, anche se la difficoltà principale è trovare terreni disponibili in una zona molto urbanizzata – ribadisce il presidente -. Noi poi siamo contrari a un certo modo di rivolgersi alle nuove generazione, all’idea bucolica e romantica, alla moda cioè di fare il contadino: ai nostri ragazzi bisogna spiegare bene che avranno a che fare con un’impresa più che con un’azienda agricola. Devono essere imprenditori preparati: ci vogliono passione e determinazione, certo, ma anche la giusta formazione, sia se si fa nascere una realtà dal nulla, sia se si prosegue un’attività storica di famiglia. Ne parlavo di recente con i giovani a livello lombardo. Detto questo, è molto positivo che fra i nostri associati si vedano tanti colleghi di 25-30 anni pronti a dare il loro contributo. La loro presenza, anche nel nostro Consiglio, è alla base dell’importanza data dalla tecnologia. Non siamo arretrati».