Quando si attraversa il ponte, sembra di volare. E in un certo senso è così, visto che si è sospesi su soli quattro centimetri di vetro extra-trasparente. Mentre arrivati sulla piattaforma di vetro, oltre a un po’ di timore nel camminare sulla pressoché totale trasparenza del pavimento e dei parapetti, si aggiunge un’emozione di libertà, di distacco dal caos terreno e, soprattutto, si possono ammirare scorci della città che, coi “piedi per terra”, neanche si immaginerebbero. Si è inaugurato ieri il Glass emotion bridge, la principale installazione della Varese design week che resterà aperta per tutta la durata dell’evento, fino a lunedì (foto Blitz).
Il ponte emozionale di vetro si trova in piazza del Podestà e copre per intero il lato che dà verso via Ferrari. Da lassù si può ammirare quasi per intero corso Matteotti, da piazza Monte Grappa a piazza Carducci, oltre a essere accanto ai palazzi signorili del centro città. Alto 3 metri e con ingombro a terra di 12×4 metri, come ha spiegato l’ideatore Roberto Torsellini «la composizione è di tre elementi connessi tra loro a formare il percorso caratterizzante l’allestimento: una scala di tre rampe, la passerella, vale a dire la parte più emozionale dell’allestimento, in vetro extratrasparente, così come il terrazzo». Infine, esternamente, una cascata con effetto muro d’acqua che, assieme alle luci della sera, promette di regalare sentimenti ancor più suggestivi.
Ecco gli accorgimenti per visitarla: sarà aperta dalle 10 alle 22, vi potranno accedere al massimo 25 persone contemporaneamente e si consiglia di rimanerci non più di 3 minuti, per consentire a tutti di salirci. Prima di entrare bisogna infilare dei calzari da ospedale e quindi sono vietati i tacchi, così come sono sconsigliate le gonne. I bimbi devono essere accompagnati e non possono essere presi in braccio, inoltre chi soffre di vertigini o capogiri è meglio che resti giù. Si ricorda poi che, se piove, il vetro è molto scivoloso. Infine è vietato correre, accalcarsi e gettare oggetti in basso. Quindi: divertirsi ed emozionarsi si può anzi, si deve, ma con la prudenza che necessita un’opera del genere. «Il potere del design – ha detto Nicoletta Romano, presidente dell’associazione Wareseable, condotta con Silvana Barbato, Silvia Giacometti e Laura Sangiorgi – ha creato una terza edizione con quaranta location coinvolte e nomi di grandi rilievo, come Piva, Morandini, Rampazzi e tanti altri». Tutti gli appuntamenti si trovano su www.varesedesignweek-va.it. «Quando si cambia – ha sottolineato il sindaco Davide Galimberti, presente con buona parte della giunta – i sentimenti possono essere contrastanti, ma questo è l’esempio di come la città può essere da vetrina delle tante eccellenze professionali e aziendali del territorio».
Panchina doppia, omaggio alla Città Giardino
Due panchine come omaggio alla Città giardino. Già perché la seduta e il poggiaschiena sono appoggiate su un basamento che rappresenta un vaso. Inoltre i pentagoni ed esagoni che bucherellano dove ci si siede, grazie alla luce, formano un’ombra che rappresenta la proiezione di un albero. D’ora in poi le due panchine da due posti permetteranno di sedersi in piazzetta San Lorenzo, lo spazio che si trova sulla sinistra della basilica di San Vittore, lungo il percorso che sfocia in vicolo Canonichetta (foto Blitz). Le panchine, inaugurate ieri mattina, sono di colore bruno-ruggine, vale a dire la tonalità che raggiunge l’acciaio corten, il materiale utilizzato per realizzarle, quando arriva a “maturazione”.
Comode, pratiche, ideali per avere un po’ di intimità a due con una persona, l’installazione donata è frutto del concorso di idee della Varese design week 2017. Delle dieci proposte selezionate, questa è andata avanti grazie alla collaborazione fra l’associazione Wareseable, l’architetto designer Gianni Magnolia di Sanremo e l’azienda Track design di Monopoli, presente ieri con Alessandra Savio. «La settimana del design – ha detto il sindaco Galimberti, fra i primi a sedersi e a provare le panchine – non è solo un evento ma, con questa donazione, lascia un segno permanente e molto bello di arredo urbano nel centro storico della città».
Accordo con il Comune: emozioni in centro per un mese
Il Glass Emotion Bridge resterà installato ben oltre la Varese design week. Lo rivela Roberto Torsellini, l’ideatore della struttura, a margine dell’inaugurazione di ieri: «Grazie a un accordo e all’autorizzazione del Comune, la lasceremo fino al 15 maggio». E poi? Si vedrà. Ci sono già contatti con altre città per ospitarla in modo tale da portare il Made in Varese in giro per l’Italia e l’Europa. Già perché se il vetro extra-chiaro utilizzato giunge da Cuneo, la materia prima è stata trasformata in un’opera d’arte a Varese. Un’opera d’arte che, in un classico concetto multidisciplinare dell’arte moderna, «nella nostra azienda – afferma ancora il designer – ha subìto le trasformazioni meccaniche, col vetro che viene temperato e stratificato per renderlo sicuro al calpestio». Vuol dire che la piattaforma e il ponte, composto da tre lastre di soli 10 millimetri stratificati con materiale elastico di alta resistenza, sono certificati per assorbire il peso di 25 persone contemporaneamente. Mica poco. «Non sono state effettuate delle prove sperimentali – aggiunge Torsellini – ma tutto è calcolato al computer dal nostro studio tecnico, affiancato da un gruppo di ingegneri».
Oltre all’aspetto tecnico, a impressionare è l’impatto visivo che promette emozioni diverse e più suggestive dopo il tramonto: «I led – spiega ancora Torsellini con cui, per la realizzazione, hanno collaborato altre imprese varesine – illumineranno le balaustre alla base del sostegno su tutto il perimetro. Inoltre le cascate d’acqua saranno illuminate con effetti di luce-ghiaccio e nel vano scala abbiamo piazzato altri led scenografici». Insomma, si tratta di una rivisitazione in chiave moderna rispetto a quanto avviato sessant’anni fa da Galeazzo Torsellini: «La sua attività nacque a Firenze – ricorda il figlio – e poi si trasferì qui, per amore. La nostra è sempre stata una bottega artigianale per l’edilizia, vale a dire la classica vetreria degli anni Sessanta e Settanta. Poi, grazie alle tecnologie, ci siamo sviluppati e ci sentiamo all’avanguardia della tecnica e del design».