È di ritorno la missione di
studio negli Stati in Silicon
Valley di Confindustria Lombardia
e dell’Unione Industriali
di Varese: i quaranta
partecipanti, di cui sedici varesini,
si sono portati a casa un
bagaglio importante di conoscenze
e di esperienze: «Mi
piace sottolineare come questa
sia la sesta missione in due
anni che organizziamo – sottolinea
Marco De Battista coordinatore
delle Aree Economiche
dell’Unione Industriali
-. Ciò si è tradotto nel portare in
Silicon Valley più di 200 tra imprenditori,
manager, professionisti
e docenti. Una platea a
cui abbiamo dato spazi di
apertura mentale. Soprattutto
è sempre più palpabile la capacità
della Bay Area di portare
nuove idee sul mercato. Quella
che qui chiamano execution».
Sì perché lì tutto è veloce. Le
idee si trasformano velocemente
in azioni, in nuove attività,
in progetti: «Il successo
per noi è l’azienda che raggiunge
la maturità e la mantiene
di passaggio generazionale
in passaggio generazionale.
Qui, invece, il successo è portare
l’impresa a centrare la propria
mission e poi venderla per
partire con un’altra idea» spiega
Marco Astuti, coordinatore
scientifico della missione, «se
in Italia è più importante avere
una piccola azienda, ma tutta
propria, qui è, invece, più attrattivo
avere una piccola parte
in una grande realtà»: due
modi diversi di fare impresa.
E le imprese, dal canto loro,
da questo study tour hanno visto
e imparato tanto, non solo
sul fronte tecnologico: tanto
che per alcuni partecipanti
dello study tour in Silicon Valley
una esperienza come quella
vissuta «dovrebbe essere
prescritta a tutti gli imprenditori
a livello medico».
Per altri la Bay Area è riassumibile,
con termini come
velocità, entusiasmo,
network, opportunità, energia,
smart, futuro. Altre volte
la definizione a chiusura della
missione è la presa di coscienza
che «non c’è zona di confort
che possa mettere al riparo
un’impresa». Per alcuni i termini
giusti sono, invece, più
coloriti e non per forza positivi
e spaziano fra meraviglioso
casinò, tossica, contraddizione,
esasperazione, setta, un
mondo affascinante lontano
da noi. Le espressioni sono
stratificate, il giudizio non
sempre unanime. Per Marco
Astuti si tratta più semplicemente
di «un ecosistema di
aziende che sanno gestire e
portare avanti l’innovazione».
Anche gli imprenditori varesini
hanno imparato molto da
questa esperienza. Per Gianmario
Volpi, dello Studio Volpi
di Carnago che ha preso parte
al tour «per fare i conti con il
digitale la manifattura italiana
deve venire qui. Solo qui si
possono comprendere appieno
e si possono studiare fenomeni
come l’Internet of Things
o la realtà aumentata». Altro
imprenditore varesino che
ha partecipato allo study tour
è Luigi Panno, di IoBoscoVivo.
Il suo business sono i funghi:
«All’inizio mi sono sentito come
un pesce fuor d’acqua in Silicon
Valley», ammette. Ma solo
in apparenza. Perché anche
in questo settore così tradizionale
ha trovato spunti per innovare.