Non vi è mai capitato che un vicino di casa vi abbia aggredito verbalmente dopo che gli avete fatto notare che c’era una perdita d’acqua dal suo appartamento? E di dover discutere con il vostro amministratore dei lavori non fatti perché qualche condomino non aveva pagato le spese condominiali? I vicini di casa, come i parenti, non ce li si può scegliere, almeno non sempre. Ed è anche per questo che esiste l’amministratore di condominio. «Questa figura – spiegaAndrea Leta – è cambiata così come sono cambiate le persone che abitano i condomini. Solo le case sono rimaste quelle di un tempo con tutti i loro difetti. Ecco perché noi stiamo costruendo una nuova generazione di amministratori di condominio così il passato non potrà più tornare». Lui è uno di questi amministratori: 36 anni, in perfetta media con gli altri 174 associati di Aiac Varese, l’associazione italiana amministratori di condomini, di cui è presidente. (nella foto Andrea Leta e Alessandra Merisi)
Al convegno organizzato dall’Aiac alle Ville Ponti sul tema del “Buonconflitto” ha presentato un decalogo perché il condominio, secondo Leta, è una macchina che l’amministratore deve far funzionare prevenendo e soprattutto gestendo i conflitti. Elaborato dall’associazione in collaborazione con il Cpp (Centro Psico pedagogico italiano), questo decalogo elenca alcune buone pratiche unite a consigli preziosi: non confondere il conflitto con la violenza, anzi usare il conflitto proprio come antidoto alla violenza, non cercare colpevoli che generano sempre vergogna e rancore, imparare a sostare nel conflitti, quando non si ha subito una soluzione, a comunicare e soprattutto ad ascoltare, prendersi cura delle proprie emozioni e dei propri dolori infantili, usare la domanda maieutica che permette di cogliere i punti di vista altrui, educare bene perché dove c’è violenza c’è cattiva educazione e quindi aiutare i bambini a litigare bene perché spesso sono loro le vere vittime delle liti condominiali generati da regolamenti farciti di divieti e non di regole.
Secondo Paolo Ragusa, vicepresidente e responsabile delle attività formative del Cpp, il conflitto è la misura della convivenza: si parla di competenza conflittuale come capacità di stare nei conflitti. Interessante, il riferimento allo scritto di Schopenhauer “L’arte di avere ragione” (Adelphi) nella parte in cui invita ad attaccare e offendere l’avversario sul piano personale se si capisce che è più bravo e vincerà la disputa. «Anche se lo ha scritto Schopenhauer, non va bene– conclude Ragusa -. Non bisogna attaccare la persona ma rimanere sul problema. È sempre meglio prendere tempo che cedere a qualsiasi reazione emotiva perché capire il conflitto è più importante che volerlo risolvere. C’è sempre un interesse comune che bisogna far emergere. Quindi aiutate a litigare bene».