«Su, forza, create gli Amici di Varese, come a Como è nata l’associazione Amici di Como». Di certo non è a conoscenza dell’antica rivalità tra le due città, benché unite anche dall’ateneo bipolare, il sommo tra gli architetti e urbanisti, Daniel Libeskind, ieri in visita a Varese. Sul lago lariano, Libeskind ha firmato The Life Electric, opera donata all’amministrazione e realizzata, appunto, dal sodalizio, ma ha partecipato attivamente anche alla riqualificazione della diga foranea. «Ecco, un esempio di partnership tra pubblico e privato che può essere uno spunto utile». Perché «il Rinascimento di Varese, città iconica ma che deve guardare avanti e per farlo deve riaffermare di avere un futuro, deve creare una logica forte e fattibile di partnership tra pubblico e privato».
L’archistar che ha costruito Ground Zero, dove c’erano le Torri gemelle a New York e che ha firmato opere in tutto il mondo, dalla London Metropolitan University al Museo Ebraico a Berlino, ha accettato l’invito di The European House – Ambrosetti e del Comune di Varese. Ha visitato la città, ieri pomeriggio, e ha tenuto un affollato incontro con professionisti e cittadinanza al teatro Santuccio.
«Varese può diventare ancora più preziosa, vi spiego come», potrebbe essere il titolo-sintesi della sua relazione, dopo aver visitato la Cripta e il Sacro Monte, l’area delle stazioni dove partirà a breve la riqualificazione e alcune zone dismesse, come quella dell’Aermacchi. Il genio dell’architettura di origine polacca ma naturalizzato statunitense ed esponente del decostruttuvisimo, ha osservato, chiesto, guardato.
I dieci consigli per migliorare la città?
«Datemi il tempo di riflettere», ha sorriso.
Quale sinfonia, lei che è musicista, affiancherebbe a Varese? La primavera di Vivaldi, direi, la musica è nel paesaggio e negli edifici».
Che cosa pensa di quanto ha visto di Varese?
«La città ha grande possibilità di crescita, può diventare protagonista del proprio cambiamento che passa da un passato e da una storia incredibili, perché il Sacro Monte di Varese è uno dei più belli al mondo, grazie alla capacità di amalgamare la creatività al passato, per progettare il futuro».
Varese è dunque «una città piccola ma piena di possibilità e non servono enormi capitali per realizzare interventi incisivi, prendendo spunto da spazi urbani e cultura come quelli presenti qui».
Daniel Libeskind non ha risparmiato qualche punzecchiatura, «vi sono spazi, come piazze che non sono piazze ma sono accumuli di mediocrità, si può fare di più», ma ha anche sottolineato che non appena ha messo piede a Varese ieri («la prima volta che venni in Italia, anni fa, visitai proprio Sacro Monte» ricorda) «ha colto l’amore, la passione per il territorio di chi mi ha accolto», cioè il sindaco Galimberti, il vicesindaco Zanzi, parte della giunta con l’assessore Civati in testa e Valerio De Molli, ceo di The European House – Ambrosetti che ha dato il la all’evento.
De Molli ha fornito informazioni, numeri, proiezioni e riflessioni sul capoluogo e sul suo territorio, uno spaccato economico, demografico e sociale unico che ha dato spunti a Libeskind per le sue riflessioni, agli amministratori locali e a chi deve disegnare la città.
Il sindaco Davide Galimberti ha sottolineato «lo sforzo di trasformazione già avviato», ma ha anche detto che «occorre confrontarsi, occorrono input e spunti di intervento che possono venire da una grande personalità e da suggerimenti pratici».
Tra le zone visitate, anche l’area dismessa dell’Aermacchi in via Sanvito. Al professionista del bello e del visionario sono state anche mostrate le schede riassuntive delle zone dismesse. «Bisogna programmare la valorizzazione del territorio sapendo cercare e mettere a frutto nuove energie che possono essere trovate anche nelle zone abbandonate», ha suggerito Libeskind. Una iniezione di fiducia per la Varese del futuro.