Si avvicina la ricorrenza di San Valentino ma, nonostante la Camera di commercio di Milano parli di un balzo della spesa media in Lombardia (vedi articolo accanto), non sono molto inclini al romanticismo i commercianti tradizionali del Varesotto. E se dal buongiorno si vede il mattino, questo primo scorcio d’anno non lascia ben sperare. A farsi portavoce della categoria, il fiduciario di Ascom Varese Marco Parravicini, gioielliere esperto dei consumi scintillanti legati alla ricorrenza del cuore: «Aumenti nello shopping per San Valentino? Non mi pare proprio, anzi. Già gennaio si è chiuso con molta fatica, ma ora è anche peggio, complice il clima che non invoglia certo a uscire per fare acquisti e della concorrenza dovuta ai mega centri commerciali. I primi sentori dei colleghi sul 2017 non sono rosei: da un nostro sondaggio anche febbraio sta dando segnali preoccupanti».
Una situazione che dura da tempo, ma che adesso sta diventando drammatica, perché bisogna fronteggiare altre grandi strutture nate ad appena qualche decina di chilometri di distanza: l’onda di sofferenza si propaga in tutta la zona Nord Ovest e Confcommercio e Federmoda stanno lanciando l’allarme sulle ricadute.
«Il problema non è tanto del singolo negozio, ma di una situazione più generale – ribadisce il dirigente -. Per accorgersene è sufficiente girare nei centri storici: non c’è molta gente a passeggio e questo in parte è dovuto al maltempo. Non possiamo certo pensare che sono tutti nei centri commerciali, ci mancherebbe, ma i consumatori li apprezzano: non hanno freddo, non hanno caldo, non hanno problemi di parcheggio e possono gestire i figli. Dobbiamo fare qualcosa».
L’appello non è rivolto tanto alla categoria, ma alla politica «perché è l’unica, a livello amministrativo o del Paese, a poter invertire la rotta – suggerisce il negoziante -. Anzi, io dico che la politica non può più aspettare perché siamo vicini al punto di non ritorno. La prima urgenza, sul piano più grande, è il cuneo fiscale: bisogna ridurre il costo del lavoro perché un lavoratore che si trova anche 200 euro in più al mese li spende e li rimette in circolo facendo ripartire l’economia».
E a livello locale? Alla base del ragionamento c’è la «vocazione dei centri storici – aggiunge il gioielliere -. Nei grandi megastore, in base alle ultime indagini, mancano due cose: i clienti stranieri e l’altissimo livello merceologico. Io dico che il centro storico ha tutte le caratteristiche per attrarre le due cose insieme: non possiamo fare la battaglia sul prezzo perché perdiamo in partenza. Dobbiamo raggiungere il cliente esigente che vuole un certo prodotto, di alta qualità, particolare, artigianale, con servizi personalizzati. Per questo sarebbe meglio valorizzare la presenza di negozi unici, non di catena, garantendo sgravi fiscali a questo tipo di attività. Altrimenti continueremo a essere invasi dai franchising».