Tanto rumore per nulla. Parafrasando il titolo dell’opera shakespeariana, il centrodestra dà il via libera al bilancio di previsione del Comune e al Documento unico di programmazione (Dup) poco prima dell’una di notte di ieri. Quattordici i voti a favore, quelli dell’intera maggioranza composta da Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Cittadini di centro e Gruppo misto (Libertà per Gallarate). Fuori dall’aula tutti i partiti d’opposizione (Partito democratico, Città è Vita, Gallarate 9.9), scandalizzati dal teatrino della politica andato in scena in aula con gli emendamenti di FI su Amsc prima presentati, poi ritirati in seguito alle rassicurazioni della Lega sul rilancio dell’azienda.
La profezia del Pd
Attacca subito Giovanni Pignataro (Pd) nella fase delle comunicazioni, con una frase che, considerato l’esito finale della votazione, potrebbe essere considerata profetica: «Tra poco andrà in scena la grande ritirata». Ma il dibattito non è ancora cominciato. Durerà quasi quattro ore. Si parte con la manovra tariffaria, approvata senza sussulti. Tocca, allora, agli emendamenti, vero e proprio cuore della grande sfida interna alla maggioranza. Quelli dell’opposizione scorrono via come l’acqua sul marmo, nel senso che pongono questioni molto serie come lo stanziamento per il Maga, il progetto delle piste ciclabili e la revisione del Piano di governo del territorio, ma sono destinati a colare a picco per volontà del centrodestra, impegnato a confrontarsi con le tre proposte correttive presentate da Forza Italia su Amsc: 1) nuovo piano industriale per le energie rinnovabili, 2) riqualificazione della piscina facendo ricorso al partenariato pubblico-privato, 3) sviluppo dell’attuale distributore del metano.
Le mosse sconvenienti
Il sindaco Andrea Cassani prova a tessere un canovaccio già scritto che ha lo scopo di salvare capra e cavoli, portando al ritiro degli emendamenti e alla difesa dell’equilibrio di maggioranza. Ma ci mette del suo quando definisce le istanze firmate dal capogruppo di Forza Italia, Alessandro Petrone, sul bilancio «sconvenienti» e quando parla dell’ex municipalizzata «come un albero: bisogna tagliare i rami secchi per rinnovare il ciclo rigenerativo della pianta». FI non gradisce. Il capogruppo della Lega, Stefano Deligios, capisce l’aria che tira e chiede cinque minuti di sospensione. Facce scure all’uscita: niente accordo.
I giornali sobillano
«Di sconveniente nella vita c’è che noi non abbiamo mai tappato la bocca a nessuno e non vogliamo farcela tappare», esordisce così Petrone in aula. È battaglia: «Gli emendamenti – spiega – rientrano nell’alveo del programma elettorale. Lo esplicitano meglio». Ma lascia un filo di speranza sul ritiro: «Cogliamo con favore gli stimoli della Lega Nord. Insieme valuteremo cosa fare». Il sindaco, però, insiste. Rosso in volto è a un passo dal perdere la calma e chiama in causa non meglio specificate «polemiche sobillate dai giornali». Quindi: «Non si può far passare che senza gli emendamenti Amsc chiuderà». Come dire: comando io, non Forza Italia. Ma prima del voto c’è un’altra sospensione. Quando sembra che tutto stia precipitando ecco che avviene il colpo di scena.
Pace (quasi) fatta
Apre il presidente del consiglio comunale, Donato Lozito, che – pur non escludendo il suo voto tecnico favorevole nel caso in cui gli emendamenti non venissero ritirati – spiega quale dovrebbe essere la linea maestra: «Non siamo in un ring. Il ring è l’interesse della città. Il nostro cemento è il confronto serio di carattere programmatico. Quindi, vi chiedo di riflettere e di ritirare gli emendamenti perché l’interesse generale è primario. Mi adopererò perché i problemi rappresentati negli emendamenti possano avere nei luoghi istituzionali preposti un’azione forte e rinnovata». È l’assist per uscire dal vicolo cieco in cui si era messo il centrodestra. Infatti Deligios rilancia: «La nostra è una maggioranza eterogenea. Ci sono sensibilità diverse sui vari argomenti, ma siamo qui per fare il bene della città. Su Amsc abbiamo l’obbligo e la volontà di ristrutturare». Forza Italia annuisce: «Cogliamo nel capogruppo la volontà di risolvere i problemi», dice Petrone. È pace fatta (o quasi). E gli emendamenti vengono ritirati.
Il metodo dei guantoni
I partiti d’opposizione, di fronte, a quello che viene definito «il metodo dei guantoni», si stracciano le vesti. Sebastiano Nicosia (Città è Vita): «Non ci sono le condizioni per discutere ragionevolmente di bilancio». Giovanni Pignataro: «Il sindaco è stato sfiduciato di fronte a tutta la città. State mostrando scarsa dignità istituzionale e politica. Questa giunta non ha più una maggioranza. Non si possono prendere in giro oltre i cittadini». Rocco Longobardi (9.9): «Leggerete le nostre considerazioni sui social». E tutti e nove i rappresentanti di questi gruppi escono dall’aula.
La bacchetta magica
Non resta che votare. In maggioranza le acque sono calme soltanto in apparenza. A esempio Luca Carabelli (Libertà per Gallarate), prima che si sapesse del ritiro, va giù duro sugli emendamenti per il metodo («una formula ricattatoria») e per la sostanza («vanno ben oltre il programma del centrodestra»). Ma ormai è tempo dei famosi tarallucci e vino con buona pace dell’assessore al Bilancio, Moreno Carù, che si è sentito sotto tiro – del suo stesso partito – per tutta la serata. «Il bilancio è frutto del lavoro della coalizione», dice. «È il primo di questa amministrazione quindi, è inutile nasconderselo, porta al suo interno scelte di chi ci ha preceduto». Ma ora «abbiamo cinque anni per realizzare i nostri obiettivo». In primis «il contenimento delle tasse». Chiosa finale del sindaco che ringrazia Forza Italia per aver ritirato gli emendamenti. Ora «siamo sulla giusta rotta per dar seguito al nostro programma elettorale». Approvato il previsionale, dunque, servono i fatti. Cioè una città migliore. Ma, di questi tempi, nessuno ha la bacchetta magica.