Organizzato il programma degli eventi estivi, sistemato il problema della mancanza del manager del Distretto urbano del commercio, accantonata per il momento la speranza di vedere un grande brand a Palazzo Minoletti, è tempo di mettere a fuoco i temi sui quali concentrarsi per dare un’ulteriore spinta propulsiva ai negozianti della città. Del resto, come dimostra la serie di eventi di successo messi in fila in quasi due anni, l’assessore Claudia Mazzetti (Attività produttive) non abbassa mai la guardia sul fronte della difesa di un settore che ancora del tutto guarito dalle ferite della crisi non è: «Tra aperture e chiusure in questo periodo Gallarate regge, anche meglio di altri Comuni vicini. Però regge chi ha puntato sulla qualità». Ecco la parola intorno alla quale ruota la sua sfida amministrativa. «Qualità», ripete e ripete ancora. E su questa architrave dà forma a tre varianti che possono aiutare allo scopo e che diventano proposte ufficiali gli operatori: «Apertura nella pausa pranzo, affitti più bassi e temporary store».
Il dna e la veste aggiornata
Davanti a tutto c’è l’idea precisa che il commercio per resistere e vivere, non semplicemente sopravvivere, debba avere un certo livello di offerta. «Ormai i prodotti bassi si trovano in rete», afferma Mazzetti. «Se vogliamo distinguerci, bisogna puntare sulla qualità». Ma come? Arriva l’esempio, senza far nomi: «Penso ad alcuni negozi storici che, mantenendo il loro dna, si sono adattati ai tempi riproponendosi in una veste aggiornata». Il fatto che abbiano attraversato indenni varie epoche, e dunque crisi, è la prova che funziona.
Gli orari elastici
Dopodiché, passando dalla linea filosofica alle strategie pratiche, l’assessore non ha dubbi in merito al fatto che orari di apertura elastici potrebbero contribuire alla causa. Ma nono si tratta di allungare alle 22, come si dibatteva nelle scorse settimane, bensì di non chiudere alle 12.30. In pratica quel che accade nelle grandi città. «Tenere aperto durante la pausa pranzo può essere un sacrificio, tuttavia permette di sfruttare il ritmo della giornata lavorativa dei clienti». I quali sono appunto più propensi a ritagliarsi un quarto d’ora per comprare il prodotto che non si riesce mai a prendere. «Altrove funziona, può funzionare anche a Gallarate», incalza. «Chiudere a mezzogiorno e mezza è controproducente. Ci sono tante persone che in quella fascia oraria sarebbero contente di poter fare acquisti». Non resta che capire cosa ne pensino Ascom e Naga.
L’appello ai proprietari
Mentre è rivolto ai proprietari degli spazi l’appello affinché si possa innescare un circuito virtuoso. Scandisce l’assessore: «È importante che i privati facciano uno sforzo per affittare i negozi ai commercianti a cifre ragionevoli. Ciò aiuterebbe il settore. Non voglio fare i conti in tasca a nessuno, ma se si riuscissero a limare gli attuali prezzi, la città sarebbe più attrattiva». Respiro profondo e ammissione: «Questo è uno dei principali problemi per cui i negozi chiudono». L’alto costo degli affitti.
Piuttosto che vuoti
Nel medesimo solco s’inserisce la proposta sulla quale Mazzetti ragiona da un po’: i temporary store, i punti vendita che durano un periodo breve. Ne aveva anche già fatto cenno pubblico. Adesso li auspica e li chiama: «Sono un modo per riaprire i negozi sfitti. Piuttosto che tenerli vuoti, il proprietario li può affittare anche per un mese solo. Ed è sempre meglio una saracinesca alzata per poco che abbassata definitivamente». Poi, si sa, da cosa nasce cosa e può pure succedere che la stessa vetrina pur cambiando periodicamente proposta rimanga sempre con la claire alzata. «Ovviamente serve la volontà dell’imprenditore pronto a investire». Palazzo Borghi è pronto a fare il suo: «Possiamo agevolare queste presenze. Che non sono una soluzione, ma possono aiutare il settore. Altrove ha funzionato».