«Frontalieri, i diritti vanno garantiti»

La Prealpina - 30/03/2017

, Da un lato ci sono i risultati dello scrutinio popolare ticinese sull’iniziativa costituzionale “Prima i nostri” e tutte le criticità emerse nell’applicazione della nuova legge sulle imprese artigianali in Canton Ticino. Dall’altro c’è la volontà da parte di Regione Lombardia e Confederazione Elvetica, di collaborare per riuscire a mettere nero su bianco norme e soluzioni che possano soddisfare entrambe le parti. Il dialogo è sicuramente aperto e il confronto costruttivo, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Lo si è visto anche ieri durante l’incontro tra la commissione regionale speciale per i rapporti con la Confederazione Elvetica e le province autonome e il Gran Consiglio della repubblica e Canton Ticino, presieduto da Fabio Badasci. Presenti alla riunione anche il presidente del consiglio regionale, Raffaele Cattaneo e l’assessore con delega ai rapporti con la Svizzera, Francesca Brianza.

«L’incontro è stato positivo- ha commentato all’uscita Cattaneo – abbiamo interessi comuni a ricercare soluzioni condivise. Su alcuni temi abbiamo già trovato sintonia, su altri abbiamo avviato un confronto costruttivo». Quello dei frontalieri resta il fronte più caldo . «Sul tema dei lavoratori frontalieri – continua il presidente del consiglio regionale – abbiamo sottolineato che vengano riconosciuti pienamente i diritti di tanti professionisti che portano il loro contributo in territorio elvetico. E’ giusto che sia confermata l’importanza del loro impegno e la dignità del loro lavoro». La proposta di legge avanzata dall’Udc, invece, va in direzione opposta, concretizzando la preferenza dei lavoratori svizzeri nelle assunzioni.

«Sui nostri territori pende la spada di Damocle della revisione degli accordi bilaterali di cui purtroppo ancora nessuno conosce i contenuti definitivi – sottolinea l’assessore Brianza – nel frattempo però lavoriamo per consolidare le relazioni con la svizzera e per tutelare i nostri sessantamila lavoratori frontalieri e le nostre imprese artigiane, competenti e qualificate».

Del resto, la “questione Lia” è l’altro tema scottante, con il mancato riconoscimento delle esperienze professionali maturate in Italia e costi annuali che possono raggiungere anche i 4300 franchi, pari a oltre 4000 euro. Insomma, la sensazione è che ci si trovi di fronte a quella che in azienda sarebbe una vera e propria trattativa. lo spirito è positivo e costruttivo, ma il confronto è ancora assolutamente aperto.

Sullo sfondo restano poi le infrastrutture. «Il 2017 vedrà l’apertura dell’Arcisate-Stabio – ricorda l’assessore Brianza – che porterà una boccata di ossigeno per i territori di confine e anche per il canton Ticino, creando un collegamento fino a Malpensa». Particolare attenzione, poi, alla tempistica dei lavori della galleria Monte Ceneri, inserita nel progetto complessivo del Gottardo, che sarà completata entro il 2020.

«Al vertice di oggi dovranno far seguito altri incontri specifici – ha sottolineato anche Antonello Formenti, presidente della commissione regionale . che dovranno portarci ad approfondire meglio i temi».

 

Prima i nostri sta per diventare realtà

 

Si è concluso ieri il lavoro della commissione parlamentare del Canton Ticino su “Prima i nostri”, il referendum con cui i ticinesi hanno votato a favore della preferenza indigena nel lavoro. Si tratta della norma che vorrebbe tamponare l’afflusso di frontalieri, giunto a 60.000 unità e raddoppiato in una dozzina d’anni. Sul tema, l’Udc, il partito di destra che con la Lega dei ticinesi è in prima fila “a guardia” del confine italiano, ha illustrato una proposta per applicare la volontà popolare, che ora dovrà passare al vaglio del Gran Consiglio, il parlamento ticinese.

L’ipotesi è di prevedere il rilascio dei permessi G, L o B ai cittadini dell’Unione europea, solo quando il datore di lavoro sia in grado di dimostrare di non aver potuto assumere, a parità di curriculum, uno svizzero o uno straniero già in possesso di un permesso con pari qualifiche. I permessi inerenti la proposta dell’Udc riguardano i frontalieri (G), quello di dimora temporanea per esercitare un’attività lucrativa dipendente (L) o di dimora per esercitare un’attività lucrativa dipendente (B). Inoltre si chiede che venga “rilasciato un permesso per stranieri che intendono stabilirsi in Svizzera per esercitare un’attività lucrativa dipendente, allorquando è rispettato il diritto ad un salario minimo che assicuri un tenore di vita dignitoso”.

Insomma, i vertici dell’Udc chiedono «che si rilascino dei nuovi permessi solo a due condizioni. Primo: non vi siano, a pari requisiti richiesti, dei lavoratori residenti disponibili. Secondo: il contratto di lavoro offra delle condizioni salariali degne, per lottare contro il dumping salariale. Prima i nostri deve diventare realtà».

Fra le ipotesi ventilate durante la presentazione da parte dei vertici dell’Udc cantonale, vi è anche che il salario minimo in Canton Ticino debba essere di 4.000 franchi per tredici mensilità, mentre per le aziende con l’80% di manodopera residente potrebbe essere previsto uno sgravio sull’utile di circa un terzo. I frontalieri e chi aspira a diventarlo, devono iniziare a tremare, o si tratta soltanto di propaganda elettorale in vista delle prossime scadenze elettorali? Se, infatti, sul dumping salariale si è tutti d’accordo (tranne chiaramente gli imprenditori col braccino corto), la preferenza indigena appare difficilmente applicabile nella pratica.