È stato chiaro fin dallo scorso otto marzo che nemmeno una provincia ricca, super industrializzata e con grande vocazione all’export come quella di Varese sarebbe riuscita a fronteggiare l’emergenza Covid 19 senza leccarsi le ferite, profonde ferite. Ora quelle convinzioni, che con le settimane sono andate rafforzandosi, guardando strade deserte, hotel chiusi, bar e ristoranti con attività a singhiozzo e imprese in cassa integrazione, vengono drammaticamente confermate anche dai numeri. E la drammaticità non è esagerata perchè nel primo trimestre dell’anno, secondo quanto elaborato da Unioncamere Lombardia, il calo della produzione in provincia è stato pari all’11,4% per l’artigianato e al 9,2% per l’industria. Il tutto mentre l’export segna un calo del 3,9%.
Le cifre parlano da sole e il timore è che possano soltanto peggiorare, dal momento che l’indagine si ferma al 31 marzo. Il lock down totale di aprile e la riapertura lenta di maggio si conteranno insieme al mese di giugno, con il secondo trimestre.
L’impatto
Il Covid ha attaccato le imprese su tre fronti. Il primo, sicuramente, è stato quello finanziario. Il 39,6% delle industrie e ben il 43,4% delle aziende artigiane al momento ha problemi finanziari legati alla liquidità. Non basta. Il 15,4% delle Pmi artigiane della provincia afferma di essere in grave difficoltà, con il rischio di chiusura dell’attività. La percentuale scende, per fortuna, al 5,3% per le industrie . Un numero uguale a quello delle aziende che hanno comunque intenzione di investire e che, con questa scelta, contribuiranno sicuramente alla crescita economica dell’intero territorio.
Certo, far tornare i conti è molto difficile. Il 76% delle imprese industriali e il 73% di quelle artigiane ha visto il fatturato in calo del 20%. A penalizzare le aziende sono stati gli ordini cancellati (42,2% per l’industria e 40,4% per l’artigianato)
Il lavoro
Di grande rilievo il ricorso agli ammortizzatori sociali da parte delle aziende della provincia, unica cura temporanea per il blocco produttivo: l’80,2% delle imprese dell’industria ha utilizzato la cassa integrazione. Il dato scende al 77,9% per l’artigianato. Va detto, però, che durante l’emergenza lo smart working è stato adottato dal 33,2 % del manifatturiero industriale. Si scende invece al 12,5% per l’artigianato.
Il futuro
Una cosa è certa: gli imprenditori varesini non si arrendono. Così, guardando avanti, il 39,6% degli industriali pensa di continuare a lavorare per recuperare le perdite. Ma sarà necessario un periodo che andrà oltre i dodici mesi. La percentuale scende al 24,3% per il comparto artigiano, anche perchè il 52,2% dei titolari di azienda è convinto di non riuscire a recuperare il gap di questi mesi. Più ottimismo, invece, nel grande manifatturiero, dove la percentuale di chi si arrende alle perdite scende al 26,2%. Di sicuro una strategia accomuna entrambi i comparti: più del 60 per cento degli imprenditori intende mettersi alla ricerca di nuovi clienti e di nuovi mercati. anche creare nuovi prodotti o servizi viene considerata una strada da percorrere per riuscire a rialzarsi.
Intanto, le iscrizioni e cessazioni di impresa, dopo il fermo totale di marzo e aprile, hanno ricominciato a muoversi. A maggio, il registro imprese tenuto dalla Camera di commercio ha evidenziato 207 iscrizioni a fronte di 113 cessazioni.
Le richieste al governo
Va detto che gli imprenditori varesini hanno le idee chiare su quali dovrebbero essere gli interventi da parte delle istituzioni per far ripartire l’economia. Per il 58,3% degli industriali sarebbero necessari provvedimenti per l’agevolazione del credito. Lo crede anche il 39% degli artigiani. Il 44,9%, poi, pensa che sia necessaria la sospensione delle imposte. Posizione condivisa anche dal 42,2% degli industriali. Utile sarebbe anche qualche forma di ristoro dei danni subiti e l’ampliamento degli ammortizzatori sociali.
Lunghi: «Siamo capaci di reagire»
«Il nostro è un apparato produttivo con una forte spinta innovativa e uno spirito imprenditoriale capace di reagire. Siamo pronti alla ripartenza e come Camera di Commercio ci siamo attivati fin da subito per essere vicini alle nostre piccole imprese, ai nostri artigiani, ai nostri industriali, agli operatori economici tutti. Abbiamo messo risorse con uno sforzo straordinario» . A parlare è Fabio Lunghi, presidente dell’ente di piazza Monte Grappa, che commenta l’analisi congiunturale relativa al primo trimestre di quest’anno, condotta da UnionCamere Lombardia, con preoccupazione ma anche con il preciso intento di spingere il mondo economico locale a rimettersi in piedi. Del resto, gli interventi dell’ente sono andati fin dai primi momenti proprio in questa direzione. «È chiaro che questi numeri – continua Lunghi – scontano solo un mese di blocco della produzione, per alcuni settori, e di forte rallentamento dell’economia nel suo complesso. Occorrerà osservare attentamente quali saranno i riscontri del secondo trimestre 2020 per comprendere l’entità effettiva del calo produttivo».
Enti camerali sempre in servizio
Il sistema Unioncamere Lombardia, in questi mesi di emergenza non si è mai fermato. Lo ha ricordato ieri il presidente Gian Domenico Auricchio, durante la presentazione dei primi dati sull’impatto dell’emergenza Covid sull’ economia lombarda. «Le Camere di Commercio italiane e lombarde in particolare – ha detto Auricchio – – non hanno mai chiuso, erogando sempre da remoto i servizi, per evitare, oltre al danno, che si aggiungesse anche la beffa, perchè per esportare ad esempio servivano le certificazioni, così come hanno lavorato per individuare i codici Ateco nel periodo di chiusure di alcuni settori e per chi ad esempio ha convertito la produzione, magari per le mascherine. Abbiamo supportato le aziende senza interruzione».