Il Maga è, come affermava l’economista Karl Rau, uno di quei beni da proteggere se esiste un liberismo economico che lo possa sostenere. Orbene è di tutta evidenza che a Gallarate non vi siano risorse economiche né pubbliche né private per sostenere una struttura che costa oltre un milione di euro all’anno. Di più. Gallarate oltre a vivere una forte debolezza identitaria è in grave difficoltà economica. Le classi sociali un tempo borghesi sono attanagliate dalla crisi. Basta pensare che l’ultimo bando per l’assegnazione di case popolari ha visto partecipare oltre 200 nuclei familiari. Gallarate, oggi, offre aiuto attraverso associazioni laiche e cristiane. Fatto del tutto sconosciuto, quando era il tempo dell’edificazione del Maga e Gallarate voleva diventare il centro culturale dell’Altomilanese, con tanto di ministro al fianco.
Le cose sono totalmente cambiate. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia alla realtà e anche a chi vede nella politica un punto di riferimento per risollevarsi. Spendere milioni di euro per una struttura che interessa a cento persone è uno spreco inutile; quando buona parte della città è preoccupata, o ancor meglio interessata, a pensare come sbarcare il lunario non ha senso né logico né soprattutto politico. Chiudere il Maga è una soluzione o quanto meno si torni alla vecchia struttura della Galleria d’Arte, quando i costi erano minimali e con due milioni di lire si faceva la mostra di Missoni. Mostra che nel 2015 è costata oltre due miliardi di lire. Si torni a dare spazio agli artisti gallaratesi, con delle manifestazioni collettive, con mostre tematiche, si dia spazio ai giovani e si dia alla cultura gallaratese un palcoscenico. Forse tutto potrebbe rivitalizzarsi. Non prendere una decisione e lasciare andare le cose come vanno, oltre a essere un atto di cecità rischia di continuare a far spendere milioni di euro ai già inguaiati contribuenti, che tra l’alto non hanno ancora capito come il teatro Condominio sia intitolato a un artista romano. Non c’era un gallaratese degno dell’intitolazione? Comunque qualche volta è meglio rinunciare al titolo nobiliare che vendersi il Palazzo e vivere da pezzenti.