«Voglio portare il modello vincente dell’Aler di Varese qui a Milano.” Perché dopo l’esperienza, positiva, nella Città Giardino, ora deve provare a fare quello che non è mai riuscito a nessuno fino ad ora: risanare, almeno in parte, le casse disastrate dell’Aler più grande del Paese. Tradotto: quella di Milano.
Angelo Sala, professionista stimato dal governatore Maroni per le sue capacità manageriali, è dal primo febbraio scorso il nuovo numero uno dell’Aler Milano. Ci arriva dopo tre anni “bellissimi“, come ama definirli lui, alla guida di quella del Varesotto (oggi con Como e Monza e Brianza dopo la riforma targata Pirellone). Ma non datemi del matto se vi dico che a Varese, professionalmente parlando, ho lasciato buona parte del mio cuore»
Ma Milano é una realtà decisamente diversa dalla terra dei laghi…
«Per me non cambia nulla. Anzi. Lavoro praticamente tutti i giorni, dalle 7 alle 21. Certo qui c’è da scalare una montagna e la vetta è a tre anni di distanza. Ma se pedaliamo tutti insieme, come a Varese, i primi risultati importanti arriveranno presto.”
Facciamo un passo indietro a qualche mese fa, quando ha preso le “chiavi” dal suo predecessore milanese, il prefetto Lombardi. Che cosa vi siete detti?
<Abbiamo avuto alcuni incontri formali con il giusto scambio di informazioni. Mi ha ricordato il lavoro fatto e le priorità da affrontare, a partire dal tema della sicurezza»
Va bene. Ma ci dica la verità: quale situazione si è trovato a gestire in questi primi mesi?
«Complessa, come immaginavo. I numeri sono a volte impietosi. Le criticità, anche strutturali e organizzative, sono evidenti. Ma sono convinto che ce la faremo a far tornare l’Aler Milano la grande azienda che è sempre stata. Qui siamo indietro di 5 anni rispetto agli altri. Eppure ci sono professionalità straordinarie. Sto ripartendo da loro, da questa collaborazione»
A proposito di “numeri impietosi”, quali mette sul piatto?
«Li metto tutti: 70 mila alloggi da gestire, 3500 quelli accertati come occupati abusivamente di cui il 90 per cento da cittadini stranieri, soprattutto egiziani, rumeni e sudamericani. Oltre 20 mila richieste abitative. Più di 250 mila utenti da servire. Sono 35 gli ispettori Aler sul campo che rischiano spesso per la propria incolumità. Versiamo 34 milioni all’anno di tasse, di cui 6 solo di Imu alla Madonnina, con un fatturato di 230 milioni e poco meno di 1100 dipendenti. Abbiamo un tasso di morosità tra Milano e provincia che pesa qualcosa come 60 milioni. Fatichiamo a pagare le piccole aziende che lavorano per noi da anni»
La priorità sono i debiti o invece gli sgomberi?
«Entrambe. Serve un risanamento organizzativo ed economico. Ogni appartamento occupato abusivamente toglie un diritto a chi la casa ha l’assoluto dovere di averla. Accumulare debiti con i fornitori significa “uccidere” il tessuto produttivo locale. Su questo fronte stiamo già elaborando un piano di rientro dei debiti. Puntiamo a ridurre i tempi di pagamenti fino a 60 giorni. Riorganizzare tutto partendo dal basso. Meno Ministero, suddividere l’azienda in UOG (Unità Operative Gestionali) chiamate a gestire circa 10 mila alloggi ciascuna. Con maggiore autonomia finanziaria, più vicini al territorio, con risposte all’utenza rapide e precise. Oggi l’inquilino si lamenta dell’eccessivo gigantismo burocratico».
E la sicurezza?
«Premessa doverosa: noi non siamo la Polizia o i Carabinieri ai quali spetta il compito di garantire la legalità e la sicurezza. Ecco perché è importante avere rapporti diretti e concreti con le varie forze dell’ordine, Prefetto in testa. Così stiamo facendo su Milano e provincia. Con buoni risultati. E così faremo sotto l’aspetto della trasparenza amministrativa e la responsabilità sociale di impresa seguendo il modello Milano con il Comitato antimafia»
Quindi se dovessero proporle la firma su un’intesa di legalità e trasparenza?
«Piena e totale disponibilità. Cito ad esempio i protocolli stipulati con il prefetto di Varese in merito al controllo ed alla vigilanza sulle possibili infiltrazioni malavitose negli appalti delle demolizioni sulle aree attorno a Malpensa».
Le urgenze di Aler Milano sono parecchie…
Dalla situazione debitoria, molto complessa e nata da una serie di concause tra cui la morosità che su Milano si attesta al 35 per cento. Su questo dobbiamo fare un altro ragionamento che non ci aiuta: un tempo le case si davano a chi comunque aveva un reddito certo seppur molto basso. Oggi la condizione per ottenere un alloggio in Aler è spesso avere reddito zero. Questo può immaginare cosa significhi. E noi abbiamo il dovere di aiutare i cittadini che stanno male. La povera gente non ha colore politico, serve serietà e responsabilità, fermo restando che il problema casa è sempre stato sottovalutato a livello nazionale. Confido molto nel supporto di Regione Lombardia che sul tema è molto attenta».
Da Aler Varese a Milano: ma chi gliel’ha fatto fare?
«Sono una persona ottimista come vede. Allora, parlo di tre anni fa ormai, arrivai all’Aler di Varese e dissi ai miei dipendenti: «Aiutatemi a farla diventare la più virtuosa della Lombardia». I dati al 31 dicembre 2016 ci hanno dato ragione. Grazie al lavoro di squadra e all’ottimo rapporto con i miei collaboratori, l’Azienda di Varese è diventata la più performante in assoluto. Zero tensioni sociali. Ottimi rapporti relazionali con amministratori locali e con le istituzioni. Un caso solo di occupazione abusiva su 18 mila alloggi e la morosità attorno al 13%. E il modello Varese sto cercando di esportarlo a Milano».
Allora ci rivediamo tra tre anni?
«Spero proprio di sì, vorrà dire che avremo fatto bene e che avremo riportato Aler Milano nel ruolo di azienda leader che merita di avere».