Commercio «Giganti Web, pagate le tasse»

La Prealpina -

Inizia sotto una cattiva stella l’anno del commercio: non brilla il primo quadrimestre 2018, che boccia ancora i consumi, con l’eccezione però di ristoranti e pubblici esercizi. Una fotografia in bianco e nero, con il freno tirato nello shopping classico (abbigliamento e calzature) e una spinta in più nel mondo del tempo libero. E non è solo il piccolo o piccolissimo negozio a soffrire, come dimostrano le difficoltà di grandi catene di elettronica schiacciate dalla concorrenza dei giganti online.

«L’andamento negativo riguarda molti settori in modo trasversale e per capirlo è sufficiente ascoltare i colleghi – commenta Marco Parravicini, fiduciario di Ascom Varese -. Siamo in una spirale ormai impressionante: il mercato di fatto sta andando in un’altra direzione. Non possiamo nemmeno dire che manchino i soldi: è che i consumatori li spendono in modo diverso da prima. Servono azioni urgenti da parte della politica che invece perdere ancora tempo nella formazione del Governo. La situazione è sotto gli occhi di tutti e non si intravvedono progetti capaci di portare una svolta».

La prima soluzione sarebbe la Web tax, il cui percorso in Europa, invece, sembra rallentare: «Oggi Amazon vende un articolo in Italia dal proprio magazzino e legalmente non versa un centesimo di tasse qui – incalza il gioielliere varesino -. Pensiamo alle imposte che invece gravano su un comune negozio e capiamo che il mancato pagamento della tassa sul Web equivale allo sconto praticato. È una battaglia persa in partenza: nessuno può garantire gli stessi prezzi concorrenziali e un acquirente sarà invogliato ad acquistare un cellulare in rete».

Insomma, non si può biasimare il cittadino che vuole risparmiare e non commette alcun illecito, ma serve un sistema in cui tutti siano allo stesso livello, senza concorrenza sleale. «Si fa un gran parlare di aiutare i centri storici, ma poi si spingono solo le grandi concentrazioni commerciali o si propongono bandi inaccessibili ai piccoli – dice ancora Parravicini -. Il lato online serve a tutti, certo, è ormai indispensabile, ma al massimo per portare clienti in negozio, non certo per generare business: a volte si lavora in perdita per fronteggiare questa concorrenza».

Quindi i portafogli non sono vuoti ma la spesa si orienta in modo nuovo anche grazie ad alcune agevolazioni che mancano nel commercio tradizionale: «I grandi nomi del Web hanno un vantaggio in più, la possibilità dei resi a trenta giorni, cosa che il negozio non ha a meno di vizi nella merce. Ripeto, l’unico modo per essere alla pari è la leva fiscale: far pagare a tutti le stesse tasse».

Altrimenti? «Altrimenti si rischia di morire – taglia corto Rosita De Fino, direttore territoriale di Confesercenti -. Se si aumentano continuamente le imposte locali non si favorisce il commercio: servono anche una viabilità migliore e un accordo con altre regioni per portare qui più turisti. Dobbiamo essere più accoglienti, conoscere le lingue per interagire con giapponesi e inglesi, non possiamo più aspettare.

È vero, il Pil cresce come l’occupazione, ma ancora molti sono senza lavoro e la crisi si sente: consideriamo anche che un tempo era molto più facile per un varesino lavorare in Svizzera, ora invece si guadagna molto meno e quindi si ha minore possibilità di spesa». Una crisi che però ha due facce: «Ristoranti e bar sono pieni e aprono sempre nuovi locali nel Varesotto – conclude De Fino -. Magari si risparmia su un nuovo vestito, meno sulla cenetta. Puntiamo dunque sul turismo, quello buono».