Otto mesi fa, con l’elezione a sindaco, gli è cambiata la vita. Nel bene, come nel male. Emanuele Antonelli, quasi otto mesi dopo, si confronta con problemi ed entusiasmi, progetti e difficoltà, ha sempre meno voglia di parlare e sempre più desiderio di fare e dimostrare. Anche a costo di risultare a qualcuno antipatico.
Antonelli, qualcuno la contesta perché è diventato il sindaco dei silenzi nei consessi ufficiali. Gli ultimi casi sono capitati sulle fideiussioni irregolari e su Accam. Perché ha scelto questo atteggiamento?
«Perché su certi argomenti complicati voglio agire nella concretezza, non fare discorsi. Prendiamo la storia della piscina: hanno già parlato in troppi e anche a sproposito, oltretutto quello che posso dire l’avete già scritto sui giornali. Oggi aggiungere altro serve a nulla, meglio sviluppare l’iter necessario per fare chiarezza».
A proposito di Manara, che è un caso simile al Palaghiaccio, crede che le abbiano scaricato troppe grane dalla scorsa giunta?
«Ma no, non mettiamola così. Ho ereditato criticità che stanno nell’ordine delle cose quando si lavora ma ho anche ereditato un sacco di cose belle. Spero non sia una risposta troppo democristiana».
C’è anche chi la accusa di pensare solo al bilancio come fosse un’ossessione e di lasciare ogni aspetto politico in mano ai partiti…
«Non è vero neanche questo. Cerco di entrare il meno possibile nelle questioni politiche, anche se i risvolti spesso mi riguardano. Ma alla fine ogni scelta finale, dopo una normale fase di dialettica, passa tutta quanta da me».
Ci dice la cosa migliore che è riuscito a fare in questi mesi?
«Non scelgo una cosa, ma il fatto che abbiamo messo in piedi tantissimi lavori. Diciamo che a rendermi felice sono le azioni che faremo e che saranno tantissime, visto che in giunta abbiamo lavorato come matti. Insomma, aspettatevi delle sorprese. Intanto per ora mi coccolo l’avvio dei lavori al posteggio di San Michele, perché è un’opera attesa da anni ed è la prima che porta la mia firma dall’inizio alla fine. Ma il meglio deve ancora arrivare».
Otterrà anche lo sblocco della nuova caserma dei carabinieri?
«Io non ho dubbi in merito. Continuo a parlare col curatore fallimentare, c’è già la bozza della transazione pronta. Fra pochi giorni farò l’annuncio, ma per scaramanzia non scrivetelo sulla Prealpina».
Meno felici paiono le prospettive per quanto concerne Accam…
«È un tema molto complicato e purtroppo non amo parlarne per due ragioni: la prima è che Busto non ha l’autonomia per decidere in un’assemblea così affollata in cui se cambiano i sindaci cambiano le posizioni; la seconda è che sono contrario a come è stato impostato il futuro. Ma mi consolo: in questo quadro sono certo che cambieranno tante cose col passare del tempo».
Altra nota dolente è la gestione dei profughi?
«Per quello che ci compete, ovvero il controllo, non è un problema. Il guaio sta nelle politiche del governo che deve uscire dal caos in cui ha cacciato la situazione. La chiusura delle rotte è incoraggiante, ma sarà vero?».
Lei Antonelli pare molte volte insofferente al dibattito in consiglio comunale. È vero?
«Insofferente è una parola grossa. Diciamo che a me non piacciono le perdite di tempo che spesso si verificano, così come le ripetizioni scenografiche delle discussioni che già si fanno in commissione, rendendo queste ultime superflue. Però mi dicono che questa è la democrazia e quindi la accetto».
Si sente molto più a suo agio quando svolge le sedute di giunta?
«L’esecutivo mi piace molto. Sono contentissimo di tutti gli assessori, ma non è per me una sorpresa. Sono altri che li sottovalutavano, mentre io sapevo che avrebbero lavorato molto e bene. Sviluppano un sacco di iniziative, a volte le scopro a cose fatte con mio compiacimento. Finché le cose vanno così, è perfetto».
Rimpasto è allora una parola abolita?
«Non scherziamo, dai. Non esiste proprio questo tipo di discorso».
È riuscito nel suo intento di ritagliarsi tempo per il suo lavoro e per la famiglia e gli amici?
«Purtroppo no, in quello faccio fatica e ci soffro. Ma fare il sindaco l’ho voluto ed è giusto che adesso sia così. Ammetto che non pensavo fosse un compito tanto impegnativo da risucchiarti da mattina a notte. È stato un mio errore di valutazione, ma l’avrei fatto comunque».
Resta così convinto che cinque anni bastino e avanzino per chi vuole guidare la città?
«Certo, ormai l’ho detto».
Significa che non è più così convinto?
«Significa che questo ruolo richiede, fra le altre cose, tanto entusiasmo. Se uno fa un quinquennio da primo cittadino e alla fine del mandato si riscopre carico come all’inizio, magari potrebbe anche pensare di andare avanti. Ma sono passati solo otto mesi, oggi meglio pensare alle tante cose da fare, non al mio futuro personale. Può andare questa come risposta oppure ormai essere sindaco mi ha fatto diventare davvero troppo democristiano?».